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La Convenzione di Barcellona: il documento a tutela del Mediterraneo e delle specie viventi che lo abitano

La Convenzione di Barcellona è un atto programmatico, volto alla tutela del Mediterraneo e delle diverse specie che lo abitano. Ecco cosa stabilisce.

(Foto Adobe Stock)

Nessun posto è troppo lontano per sfuggire alla piaga dell’inquinamento. Neppure il fondo del mare. E proprio al fine di salvaguardare il Mediterraneo e le specie marine che lo popolano, diversi Paesi, le cui coste sono lambite dalle sue acque, hanno adottato la Convenzione di Barcellona. Scopriamo di cosa si tratta.

Scopo e Paesi partecipanti

La Convenzione per la protezione del Mar Mediterraneo dai rischi dell’inquinamento è stata firmata il 16 febbraio 1976 a Barcellona (non a caso è meglio nota come Convenzione di Barcellona) ed è entrata in vigore nel 1978. L’Italia ha ratificato l’atto nel 1979, con la Legge n.30/79.

(Foto Pixabay)

Sedici gli Stati che hanno dato vita all’atto; col tempo se ne sono aggiunti altri 7. Oltre all’Italia, si annoverano Spagna, Francia, Grecia, Israele, Siria, Tunisia, Turchia, Albania, Algeria, Cipro, Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Egitto, Libano, Libia, Malta, Monaco, Marocco, Serbia, Slovenia.

Ad essi si aggiunge l’Unione Europea, l’unica fra le organizzazioni internazionali ad aver aderito all’atto.

Il documento va ad intersecarsi in un complesso quadro normativo a tutela dell’ecosistema, ponendosi come atto guida per le legislazioni nazionali dei Paesi aderenti insieme ad altre fonti internazionali quali la Convenzione di Bonn, la Convenzione CITES, la Convenzione di Berna.

La Convenzione di Barcellona ha lo scopo di predisporre le misure necessarie da adottare per proteggere il Mediterraneo e le creature che lo abitano dalla minaccia dell’inquinamento; anche attraverso una cooperazione tra gli Stati membri, un controllo costante del livello di inquinamento, ed una gestione sostenibile delle risorse naturali marine e costiere.

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I vari protocolli della Convenzione di Barcellona

Per l’attuazione degli scopi che la Convenzione di Barcellona si propone sono stati elaborati sette protocolli.

(Foto Pixabay)

Il quadro delle adesioni ad essi dei vari Paesi è decisamente complesso e variegato, essendo differente per ognuno dei 7 protocolli.

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Ecco quali sono:

  • Protocollo scarichi: concerne l’inquinamento del mare causato da navi ed aeromobili;
  • Protocollo sulle fonti di inquinamento terrestri: riguarda tutte le attività di inquinamento delle acque condotte sulla terraferma, nonché quello dovuto agli scarichi nei fiumi e corsi d’acqua che si immettono nel mare;
  • Protocollo relativo alle zone specialmente protette e alla diversità biologica: concerne la protezione di zone del Mediterraneo di particolare interesse e verso le quali è prevista una tutela maggiore;
  • Protocollo sulla prevenzione e sulle emergenze: è l’allegato relativo alla misure che gli Stati aderenti, in cooperazione, adottano per contrastare le emergenze causate dall’inquinamento delle navi;
  • Protocollo offshore: è il protocollo concernente le misure di tutela più adeguate al contrasto dell’inquinamento dovuto ad attività di esplorazione o di sfruttamento del mare;
  • Protocollo su rifiuti pericolosi: su tutti, il petrolio, che ogni anno miete un numero innumerevole di vittime tra le creature che popolano i mari;
  • Protocollo sulla gestione integrata delle zone costiere del Mediterraneo: mira all’instaurazione di una proficua collaborazione tra gli Stati aderenti, nel perseguimento di uno sviluppo e sfruttamento sostenibile delle risorse e della protezione dell’ambiente marino e delle creature che lo abitano.

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A. S.

 

 

Antonio Scaramozza

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Antonio Scaramozza

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