Come si chiama il cane di Indiana Jones? Da ragazzo l’archeologo aveva un cane di nome Indiana, ma c’è una storia tutta da raccontare e scoprire relativa alla finzione e alla realtà. Vediamo di cosa si tratta.
Indiana Jones è personaggio immaginario; un archeologo protagonista dell’omonimo franchise creato da George Lucas in omaggio agli eroi d’azione delle serie di film degli anni ’30. Indiana Jones è il protagonista di quattro film diretti da Steven Spielberg, di una serie televisiva, di romanzi, fumetti e videogiochi. In questo articolo però vi raccontiamo una curiosità legata al suo nome e degli aneddoti della finzioni e della realtà. Il minimo comun denominatore? Il cane.
Perché il cane in Indiana Jones è così importante
Il nome completo di Indiana Jones si scopre nel terzo capitolo della serie, Indiana Jones e l’ultima crociata.
Questo è Henry Walton Jones Junior: Henry Jones Senior è il padre, un famoso professore di Letteratura Medievale.
L’archeologo più famoso del mondo però non sopporta essere chiamato col proprio vero nome e quindi decide di “adottare” soprannome. “Indiana” nella finzione deriva dal nome del cane che egli aveva quando era un ragazzino, mentre nella realtà era quello del cane di George Lucas, un alaskan malamute. Il regista aveva già preso ispirazione dal suo amato Fido per il personaggio di Chewbecca in Guerre stellari.
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Ma le curiosità non finiscono di certo qui. Sì perché il suo nome completo nella saga sarebbe dovuto essere Indiana Smith proprio come il nome del cane di George Lucas. Venne cambiato perché a Spielberg non piaceva il cognome “Smith”; lo considerava troppo generico e propose quindi di sostituirlo con “Jones”.
La lista di personaggi che hanno ispirato la creazione dell’esploratore non si esaurisce qui. Contempla infatti James Bond, i protagonisti dei romanzi di Conan Doyle, Allan Quatermain e Zio Paperone (nella sua versione più avventurosa). Lucas ha più volte indicato come uno dei suoi riferimenti massimi “Zio Paperone e
le sette città di Cibola”, scritta e disegnata da Carl Barks nel 1954.
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S.C.