Le prime favole che leggiamo da bambini e le ultime che studiamo all’Università sono quelle degli animali di Esopo. Scopriamo chi sono e cosa rappresentano.
Il leggendario Esopo, che Erodoto colloca su Samos nel VI secolo a.C., non scrisse una sola favola di propria mano. Le favole sopravvissute sotto il suo nome furono scritte nei secoli successivi alla sua morte, composte da una serie diversificata di scrittori che etichettarono le loro storie come “di Esopo”, con poca preoccupazione per l’accuratezza storica.
Ci rimangono centinaia di racconti e aneddoti sparsi sui resti della letteratura classica, sia in greco che in latino, in prosa e in versi, ognuno con origini oscure e collegamenti dubbi con la vita di Esopo. Mentre questo stato di cose pone sfide significative per il filologo e il critico testuale, l’apertura della tradizione delle favole, insieme al suo stile semplice e al suo tono moralizzante, fanno di Esopo un utile punto di riferimento per le indagini del primo pensiero greco.
Il contenuto filosofico delle favole di Esopo è forse meglio descritto come etica “popolare” o “applicata”. Come altri antichi generi satirici (ad esempio la commedia greca o la satira romana), le favole descrivono e condannano le varietà comuni di comportamenti scorretti, in particolare l’avidità, l’ipocrisia, la vanità e l’inganno. Ma due aspetti importanti distinguono la favola dalle altre forme di letteratura moralizzante:
Vogliamo esplorare la relazione tra questi due aspetti della favola osservando il ruolo degli animali nell’intenzione moralizzante del genere. Perché gli animali sono così importanti nelle favole di Esopo? Perché parlano? E cosa rappresentano?
Secondo le nostre antiche fonti, gli animali di Esopo servono principalmente a sottolineare la finzione e la leggerezza delle storie. La fattibilità dell’animale umanizzato consente alla favola di esprimere il proprio punto senza annoiare o insultare un destinatario. Quindi, ne consegue che, mentre chiamare qualcuno “asino” potrebbe ragionevolmente causare offesa, i narratori di favole possono essere più efficaci e più politici offrendo consigli o critiche con una storia inventata.
Portando alla ribalta la natura fittizia della storia, le favole con animali intrattengono e stabiliscono che l’unica possibilità di significato serio è l’interpretazione; il revisore deve ascoltare la morale e decidere se il senso della favola può applicarsi nella vita.
Nessuno scrittore antico (e pochi critici moderni) sembra pensare che gli animali di Esopo abbiano qualcosa a che fare con gli animali veri. Ma vale la pena riflettere sul perché la favola, una delle prime forme di letteratura etica al mondo, abbia usato gli animali antropomorfizzati come principali protagonisti.
Possiamo pensare all’animale da favola come un’istanza particolarmente precoce e dinamica di un’antica preoccupazione nel tracciare i confini tra uomo e animale.
Mentre si credeva che il mondo animale fosse governato dall’appetito e dall’istinto e dall’egoismo, al contrario gli umani erano considerati esseri empatici con la capacità di usare la ragione e quindi di risolvere i conflitti con la conversazione e la persuasione reciproca.
Le favole esopiche giocano con i molteplici significati dei dialoghi, facendo in modo che gli animali usino il linguaggio umano per fare appello alle leggi e ai costumi che governano la società umana. Il più delle volte, tuttavia, i tentativi degli animali di persuasione falliscono e lasciano il posto agli istinti naturali.
Come esempio tipico, nella favola del “Lupo e l’agnello” la ricerca del lupo di una giusta causa per divorare l’agnello incontra la prontezza dell’agnello a difendersi con le parole.
La favola mostra che coloro che sono intenzionati a sbagliare non devono essere scoraggiati, neppure da un argomento legale. Secondo la morale, la “favola” riguarda l’inutilità di usare le parole per convincere coloro che si rifiutano di ascoltare argomenti legali (o giusti).
Anche quando il problema non si pone in modo così esplicito, il divario tra animali parlanti e umani in ascolto sembra essere incorporato nella struttura stessa della favola esopica. Gli animali da favola sono generalmente motivati solo da istinti predatori o di sopravvivenza; ricorrono costantemente alla violenza nonostante la loro capacità di conversare tra loro. La morale allegata trasmette quindi i loro messaggi segnando il passaggio dalla finzione animale alla lezione umana.
Alcune delle frasi utilizzate in queste favole sono rimaste nella memoria dell’uomo, nel corso della nostra storia, costruendo la morale comune; altri modi di dire sono stati inventati e sono rimasti, nel tempo, riferendosi alle favole di Esopo, come “fabula docet” (la favola insegna), perché così è.
La grande bellezza che oggi, invece, riconosciamo in queste favole è la consapevolezza di come noi umani dovremmo imparare dagli animali di Esopo: a volte ci comportiamo come animali (nel senso più negativo del termine), ma possiamo rimediare ai nostri errori e migliorarsi come persone tornando alla ragione e, allo stesso tempo, prendendo esempio dalle caratteristiche più pure e genuine del mondo animale.
In effetti, giocando con il ruolo convenzionale giocato dai dialoghi nella separazione dell’uomo dall’animale, la favola implica che ci sono alcuni umani che, abbandonati a se stessi, preferirebbero vivere come animali. Questa idea emerge in modo più esplicito in un paio di favole sull’origine degli umani.
Queste favole sulle origini umane fanno luce su alcune ipotesi di base che sembrano sostenere l’uso degli animali parlanti durante la tradizione: secondo gli antichi, gli animali sono “irrazionali” e “privi di intelletto”; agli umani, sebbene “nudi” rispetto ai doni fisici delle altre creature, è stata data la “ragione” per compensare la loro relativa debolezza; nonostante il dono della ragione, alcuni umani hanno comunque “anime bestiali” e sono inclini a imitare il comportamento animale.
È anche allettante leggere queste storie come resoconti sulle origini della favola, che, dopo tutto, rende la partecipazione limitata degli animali ai dialoghi uno strumento per insegnare comportamenti giusti e sbagliati. Nel concedere agli animali una capacità razionale, la favola esopica confonde necessariamente le linee tra uomo e animale e, per quanto scherzosamente, suggerisce un continuum del comportamento uomo-animale.
Ad un certo livello, ogni favola animale ci sfida a confrontarci con le nostre concezioni di ciò che separa esattamente gli esseri umani dagli animali. Come dialoghi destinati a essere pronunciati e ascoltati, ogni favola insiste sul fatto che è nostra responsabilità ascoltare e apprendere dalla sua versione alternativa del comportamento animale. Ma gli animali da favola, divertenti o no, sono inevitabilmente implicati in scopi più ampi nei confronti del rapporto binario uomo-animale: la nostra comprensione di quegli scopi può essere arricchita se ascoltiamo attentamente gli animali parlanti di Esopo.
Sono innerevoli, come abbiamo già detto, i testi in stile fabula attribuiti all’autore greco. Il narratore, o molto più probabilmente i narratori, utilizza uno stile unico e la stessa struttura narrativa in ogni scritto. Dobbiamo specificare che la differenza sostanziale tra il termine “fabula” (sarebbe la favola) e la parola “fabbia” sta nel fatto che la prima è un racconto inventato, di genere fantastico, con scopi moraleggianti, in cui spesso i protagonisti (o almeno i personaggi principali) sono animali; la seconda è una storia sempre di genere fantastico, ma anche avventuroso, i protagonisti sono uomini e donne, in genere cavalieri e principesse, è presente un antagonista spesso fornito di poteri magici (può anche trattarsi di una creatura magica senziente), e la morale non è il fine ultimo della narrazione.
Abbiamo anche detto, ma lo ripetiamo, che gli animali nella fabula servono come allegorie per veicolare un concetto, e diventati per questo motivo uno stereotipo fisso del luogo comune.
Conosciamo, quindi, questi personaggi animali e scopriamo chi sono in realtà.
La volpe è un animale molto astuto, ma non infallibile. Non è in grado di eccellere nelle performance fisiche, il suo valore risiede nell’agilità e nella sua furbizia. Queste sono quantomeno le caratteristiche positive che possiede. Purtroppo, tutte le volte che non riesce in qualcosa non dà la colpa a se stessa, ma alla situazione oppure agli altri e questo vuol dire che il suo maggior difetto (forse proprio perché sa quanto è intelligente) è la superbia. Per gli antichi greci la superbia non era visto come il peccato capitale che è, dal Medioevo fino a oggi.
Oggi, la volpe si fa fantoccio di tutti quegli uomini che hanno un animo presuntuoso e immaturo: tanto bravi a elaborare ragionamenti logici quanto incapaci a prendersi la responsabilità dei loro fallimenti.
La cicala, in questa storia, ma anche nella vita reale, è un animale poco laborioso: di certo non è allo stesso livello dell’infaticabile formica, che trascorre tutte le sue giornate a trasportare cibo. Durante il bel tempo, la cicala si crogiola e la formica lavora sodo; durante le brutte giornate, la cicala si dispera e la formica resta a casa a nutrirsi dei frutte delle sue immense fatiche, ottenendone infinita gratificazione.
In questa favola sono messi a confronto due tipi di persone: quella pigra e quella accorta.
La lepre della storia assomiglia moltissimo alla volpe che cerca di raggiungere l’uva. Sono entrambe creature superbe: soltanto che la volpe si sente troppo sicura delle sue capacità mentali; la lepre delle sue capacità fisiche.
In questo caso, però, la lepre è messa a confronto con la tartaruga, che rappresenta tutte quelle persone che, sebbene sembrino (o siano realmente) in una condizione di svantaggio, hanno comunque il coraggio di mettersi in gioco, affrontando la vita con le qualità che hanno. Nel caso della tartaruga, le qualità sono pazienza e saggezza.
Entrambi i personaggi di questa storia impartiscono una lezione positiva al lettore: mostrano l’ideale di un comportamento corretto.
Il topo è una persona a cui viene elargito un favore, mentre il leone e quello che glielo offre, sebbene questo comporti un piccolo sacrificio. Alla fine sarà il leone a trovarsi in un momento di bisogno e il topo lo ripagherà aiutandolo e dimostrando così la sua gratitudine.
Questa storia ci insegna che bisogna sempre essere riconoscenti del bene che ci viene fatto e che le buone azioni, alla fine, ritornano al mittente.
Il carattere del cane, in questa favola, è un pochino snaturato: sappiamo bene, infatti, quanto siano umili i nostri amici a quattro zampe. Ma Esopo (o chi a suo nome) utilizza questa allegoria per dimostrare quanto sia stupido avere un atteggiamento avido.
L’avidità è una caratteristica propria di chi vuole tutto, ma ha la particolarità di far perdere anche quel poco che si possiede. Della serie “chi troppo vuole …”.
Non è un mondo per sciocchi. Sembra assurdo, ma anche il mondo degli uomini, come quello animale, rispetta le leggi della jungla: il più forte vince sul più debole, catena alimentare e tutto il resto. Ovviamente in senso metaforico, perché nessun essere umano ne mangierebbe un altro (almeno, non di solito).
In questa storia gli animali di Esopo rappresentano questo:
Non è chiaro se questa favola possa essere attribuita all’autore greco oppure risalga a tempi molto più recenti. Dal momento che, però, tutti gli animali di Esopo, in realtà, non siano affatto di “Esopo” (e questo ormai è chiaro), non avrebbe senso non inserire anche questi due personaggi iconici nella nostra lista.
La morale del racconto è, detta con altre parole, “il lupo perde il pelo ma …”, la conosciamo tutti.
Lo scorpione è l’allegoria della natura particolare di un essere umano, il suo carattere, la sua personalità, il suo modo di ragionare; la rana è la persona che, fidandosi che colui al quale ha chiesto un favore rispetterà la promessa data non dando ascolto ai suoi istinti, rimane succube della sua mal riposta fiducia.
Mai fidarsi delle persone sbagliate.
S.S.
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