Con la modifica dell’enunciato dell’art. 9, anche gli animali entrano a far parte della Costituzione: ma cosa cambierà per i nostri amici a quattro zampe?
Negli ultimi decenni la legislazione ha fatto dei passi da gigante sul tema dei diritti degli animali, e la recente riforma della Costituzione non è altro che l’ultimo tassello di una strada tuttavia ancora molto lunga da percorrere. Ma cosa cambia in concreto per i nostri amici a quattro zampe? Qual è la reale portata della riforma?
Che cos’è un animale per la legge?
Non è affatto semplice rispondere a questa domanda, perché, a dirla tutta, anche il Legislatore è alla ricerca del miglior modo di inquadrarne la figura, che ad oggi, almeno di fatto, si pone a metà tra un oggetto ed un soggetto titolare di diritti.
Oggetto, sì, perché d’altronde essi possono essere acquistati e venduti. Senza addentrarsi oltre tra le norme dell’ordinamento, basterebbe ciò a qualificarli giuridicamente quali mere res, appartenenti al nostro patrimonio, quanto e come un divano da salotto.
Soggetto anche, perché negli ultimi decenni, si è assistito ad un incremento progressivo della legislazione di tutela verso gli stessi, che sì conservano il loro status giuridico di res, ma ai quali, allo stesso tempo, la giurisprudenza ha riconosciuto la natura di essere senziente; d’altronde, sarebbe stato innegabile.
E questo percorso, ad oggi, è culminato con l’emanazione della Legge n. 189 del 2004, che ha introdotto nel codice penale gli articoli che vanno dal 544-bis al 544 sexies, e che disciplinano i reati contro gli animali.
Qualche giorno fa, l’ultimo tassello di un puzzle ancora in costruzione: la riforma dell’art. 9 della Costituzione (oltre al 41), cui viene aggiunto un ulteriore comma – il terzo:
La Repubblica […] Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.
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Sarebbe troppo semplicistico fermarsi al solo aspetto che concerne l’inserimento degli animali nella Costituzione italiana; occorre ricercare quelle che sono le varie chiavi di lettura a cui si presta questa vittoria animalista.
Il nuovo articolo 9 Cost. prevede una riserva di legge: è con legge dello Stato che saranno disciplinati modi e forme di tutela degli animali.
Che cosa cambierà in concreto? Perché ad oggi, invero, limitandoci al solo codice penale, si registra una già soddisfacente legislazione di tutela verso gli animali, almeno per ciò che concerne la varietà delle condotte punite (da rivedere, invece, le entità dei rispettivi trattamenti sanzionatori).
Un riconoscimento, dunque, quello dell’art. 9 Cost., volto a ribadire in modo ridondante quanto già avvenuto e messo in pratica dal Legislatore? O una mera vittoria simbolica dei vari movimenti animalisti della Penisola?
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Invero v’è una diversa chiave di lettura; e ancora una volta non allontaniamo la nostra analisi dalla legislazione penale, che ad oggi costituisce il segno tangibile più importante della mutata percezione dell’animale nella società.
Gli articoli 544 bis e seguenti, tutelano, come noto, il sentimento che l’essere umano prova per gli animali, che godrebbero, dunque, di tutela riflessa, concernente pur sempre un bene del primo.
Con il riformato art. 9 della Costituzione, per la prima volta, gli animali vivrebbero di luce propria; esseri da tutelare in quanto tali. E questo, anche se sussurrato o del tutto omesso, postula che essi siano titolari di diritti; in altri termini, che sono dei soggetti di diritto.
Dunque non più, giuridicamente parlando, delle cose; non più merci da vendere, da acquistare, o di cui disporre quali meri strumenti di lavoro, o ancora quali beni per soddisfare esigenze alimentari, di vestiario, di divertimento.
O almeno, così dovrebbero essere, laddove si riconoscesse una soggettività a tali creature.
E l’art. 9 Cost. potrebbe costituire il punto di partenza per tale riconoscimento. La reale portata di tale riforma potrà rivelarcela solo il futuro; verosimilmente ancora lontano.
Antonio Scaramozza
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