Quali sono le principali differenze tra l’allevamento estensivo e quello intensivo? I punti di forza di ciascuno e gli svantaggi.
Che idea abbiamo degli allevamenti di animali nella nostra società? Esistono ancora quei prati sterminati dove l’animale è libero di passeggiare e godere dell’aria aperta? A quanto pare con i ritmi frenetici e le esigenze senza scrupoli delle industri e del cibo le cose sono notevolmente diverse. Nonostante lo scopo sia l’essere destinati al commercio, vi sono alcuni allevatori che preferiscono far vivere i loro animali liberi: questa è la base dell’allevamento estensivo. Il suo obiettivo è quello di avvicinare l’essere animale alla sua condizione di vita primordiale, ovvero senza vincoli di spazio e costrizioni di altro genere. Questa è la differenza principale tra i due tipi di allevamenti ma vediamo nei singoli casi quali sono vantaggi e svantaggi che offrono.
Sebbene in questo mondo frenetico e stressante anche gli animali sembrano costretti ad adattarsi ai nostri ritmi, vi è ancora un’idea, forse utopistica ormai, di animali che pascolano nei campi all’aperto liberamente. In questo caso l’animale sembra rispettato e la sua dignità salvaguardata. Il principio su cui si basa è uno: la libertà degli animali, che possono mangiare, dormire e svolgere le loro funzioni vitali all’aria aperta. Gli spazi dovranno essere piuttosto grandi, talvolta da ricoprire intere distese di campagna: pensiamo all’Argentina o al Brasile.
I campi adatti all’allevamento estensivo non sono destinati anche all’agricoltura, ma solo al foraggio degli animali. La densità di ‘popolazione animale’ deve essere adeguata allo spazio disponibile: il rapporto tra il numero di animali presenti e lo spazio deve essere basso. Solitamente gli animali destinati all’allevamento estensivo sono: bovini, ovini e caprini.
All’opposto dell’dea di libertà degli animali vi è l’allevamento intensivo, che ha come scopo quello di ottenere il massimo della produzione dagli animali allevati. Sono piuttosto frequenti purtroppo anche i casi di allevamenti abusivi. Ma tra i lati positivi vi è che il bestiame vive nelle stalle, dove appunto si gestisce meglio. Il tutto è mirato alla produzione massima di latte, con l’uso di mangime artificiale e il rispetto di alcune fasi per la riproduzione del bestiame.
Entrambi devono garantire un’ottima qualità del prodotto, sia esso carne o latte, in linea con le normative italiane ed europee sul consumo degli alimenti. Sebbene quindi il prodotto finale rispetti le norme generali, di certo vi saranno notevoli differenze qualitative dal punto di vista del gusto. Un’altra affinità è di certo la presenza dell’uomo nell’uno e nell’altro caso: infatti, anche quando immaginiamo la vita spensierata dell’animale nel campo, non dobbiamo mai sottovalutare la presenza vigile dell’uomo, che controlla il suo bestiame.
Anche nel caso dell’allevamento estensivo, gli allevatori forniscono una parte del nutrimento, che consiste di farina di mais e altri mangimi. Il solo foraggio potrebbe non bastare. Gli animali si abitueranno facilmente alle razioni disponibili.
In ogni caso la differenza maggiore consiste nella qualità di vita dell’animale: con il passare degli anni si sono inasprite le critiche verso gli allevamenti intensivi, soprattutto per le condizioni in cui versano e in cui sono costretti a vivere gli animali.
Nel nostro Paese l’allevamento estensivo è praticabile solo nelle zone montane, poiché gli spazi in pianura sono destinati all’agricoltura e all’allevamento in modalità intensiva. Il bestiame allevato in Italia comprende circa sei milioni di bovini, tra esemplari da latte e da carne. Negli ultimi anni vi è un ‘ritorno alle origini’, e un maggiore interesse verso la qualità di vita degli animali. Le zone che si prestano maggiormente all’allevamento estensivo sono in Sardegna, Calabria, Sicilia e Basilicata.
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F.C.
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