Green Hill, strage di beagle: le motivazioni della Cassazione

Green Hill, strage di beagle: le motivazioni della Cassazione

Orrore a Green Hill, strage di beagle nel bresciano. A ottobre scorso la sentenza definitiva, ora arrivano le motivazioni della Cassazione.

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(Pixabay)

Lo scorso ottobre è stata messa la parola fine dal processo per i crimini di Green Hill, almeno per quanto riguardava il filone principale. Infatti, la Corte di Cassazione ha avallato le scelte prese nei due precedenti gradi di giudizio. Tra i condannati, con una pena comminata di un anno e sei mesi, c’era il veterinario pescarese Renzo Graziosi. L’uomo era accusato di maltrattamento e uccisione di animali nell’allevamento lager. Molte erano state nelle scorse settimane le polemiche per quanto riguarda la decisione dell’Ordine dei medici rispetto al comportamento del veterinario. Un mese fa, invece, c’erano state nuove polemiche per l’assoluzione degli imputati nel processo-bis. In queste ore, arrivano le motivazioni della Cassazione alla sentenza emessa a ottobre, nelle quali si parla di trattamenti sfociati in “comportamenti insopportabili per le loro caratteristiche etologiche”.

Vi sono poi casi in cui i poveri beagle sono stati “sottoposti ad eutanasia” per “patologie modeste e dopo periodi di cura troppo brevi per le precise scelte aziendali di non curare adeguatamente i cani affetti da demodicosi e di non somministrare flebo a quelli affetti da diarrea”. Si tratta di oltre 2.600 beagle che erano detenuti nell’allevamento sono stati privati dei loro “pattern comportamentali”. Inoltre sono stati sottoposti a pratiche “insopportabili” quali la “tatuatura con aghi”, vietata dalla legge. Alcuni cani sono morti anche a causa della rottura dei vasi sanguigni dovuta a unghie tagliate fino alla base. L’unica necessità degli imputati era “liberarsi di animali non più vendibili sul mercato”.

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Gli imputati avevano fatto ricorso, sostenendo che si trattava “del normale stato in cui questi animali vengono tenuti e che, in ogni caso, la funzione sociale dell’attività di allevamento a fine di sperimentazione deve essere ritenuta prevalente nel bilanciamento con il benessere dell’animale”. Ricorso ritenuto però inammissibile. La Cassazione osserva anche “le anomalie comportamentali degli animali erano la diretta conseguenza delle condizioni nelle quali questi erano tenuti”. Altre anomalie erano relative invece alla temperatura dei capannoni, alle condizioni igieniche dei luoghi, all’inadeguatezza dell’alimentazione. Poi ancora alla mancata somministrazione di farmaci, alla provocata deprivazione sensoriale degli animali. La Corte di Cassazione, infine, parla di “precise e consapevoli scelte decisionali di violazione delle corrette regole di tenuta dell’allevamento”. Queste vennero adottate “da soggetti pienamente dotati della competenza tecnica per comprenderne le conseguenze negative sugli animali”.

GM

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