Con l’arrivo della stagione più fredda, torna allarme delle associazioni
Mentre l’alta moda sta eliminando le pellicce dalle collezioni, in ultimo, Jean Paul Guatier ha rinunciato alle pellice, in commercio sono ancora presenti molti capi di abbigliamento con inseriti di animali e accessori di vario tipo.
Tuttavia, nella maggior parte dell’abbigliamento a basso costo, proveniente soprattutto dalla Cina, vi è il rischio di trovare inseriti di cani e gatti nei guanti, nei capelli, interni o rifiniture di giubotti.
Purtroppo, c’è chi ancora ritiene che si tratta di pellicce sintetiche, senza verificare la consistenza della pelliccia.
A confermarlo, sono le associazioni. Aidaa ha infatti diramato un’allarme al riguardo. “Sono mediamente 5 milioni ogni anno i capi di abbigliamento ed accessori venduti in Italia confezionati tutti o in parte con pelliccia di cane o gatto. L’ultimo caso riguarda una catena di negozi che espone e vende cappotti e giacche a vento con il collo in pelo di cane procione”.
L’associazione ammonisce che in realtà “sono migliaia anzi milioni di capi che possiamo trovare con inserti in pelliccia di cani e gatti specialmente sulle bancarelle del mercato, si tratta di prodotti la cui lavorazione in Italia è assolutamente proibita, ma che provenendo nella quasi totalità dai paesi dell’est Asia e dalla Cina passano le maglie dei controlli e vengono cosi immessi sul mercato nazionale”.
Ricordaro le orribili torture alle quali sono sottoposti questi poceri animali, “spesso sgozzati e scuoiati vivi in modo da salvaguardare l’integrità della pelliccia”, Aidaa evidenzia che il settore inserti di pelliccia per capi ed accessori è un mercato florido che si aggira attorno ai 200 milioni di Euro.
Ecco perché, Lorenzo Croce, presidente Aidaa, come ogni anno invita a fare attenzione, avviando un monitoraggio, anche attraverso volontari.
“Si tratta di un orrore al quale dobbiamo seriamente porre un serio contrasto, cosi come va contrastato e azzerato l’anacronistico mercato della pellicceria nella sua totalità”. Ha poi concluso Croce.
La denuncia di Aidaa colpisce anche alcune grandi catene di abbigliamento pret à porter, diffuse in tutta la penisola.
C.D.