Il 26 aprile del 1986 nella centrale nucleare Vladimir Il’ič Lenin di Černobyl esplose il reattore numero 4 che provocò disastri ambientali devastanti.
Le cause dell’esplosione furono attribuite alla manutenzione poco efficiente da parte del personale specializzato e alla progettazione dell’impianto.
Durante il controllo per l’attribuzione della responsabilità, si evinse che da parte del personale ci furono svariate violazioni nelle norme di sicurezza, che portarono al surriscaldamento del nocciolo che provocò il danneggiamento dell’impianto di refrigerazione del reattore causando una pressione impressionante che si trasformò in una esplosione devastante con annesso incendio.
La devastazione più grande, però fu quella ambientale poiché per 10 giorni continuò a fuoriuscire dalla centrale un cumulo di nubi tossiche e radioattive che si riversarono nell’ambiente e su vaste aree nei dintorni della centrale nucleare contaminando praticamente ogni cosa.
Si stima che il cumulo di nubi tossiche trasportate dal vento abbiano contaminato anche: l’Europa orientale, la Finlandia e la Scandinavia, contaminando in maniera “lieve” anche l’Italia, la Francia, la Germania, la Svizzera, l’Austria , Balcani, e la costa orientale del Nord America.
Tutti i paesi e le città limitrofe alla centrale nucleare furono evacuate, dopo 36 ore dall’esplosione, facendo prendere a gli abitanti solo lo stretto necessario poichè a breve sarebbero potuti tutti tornare nelle proprie abitazioni.
Cosi molte persone decisero di lasciare all’interno delle proprie case, con cibo e acqua moltissimi animali domestici, sfortunatamente nessuno fece mai ritorno a casa.
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Come riportato da La Zampa.it il Clean Futures Fund ha spiegato:
“Quando migliaia di persone furono costrette ad evacuare Chernobyl nel 1986, furono autorizzati a prendere solo ciò che potevano trasportare. Gli è stato detto che sarebbero tornati a casa presto, quindi la maggior parte delle persone ha lasciato i loro animali domestici con un po’ di cibo e acqua in più. Sfortunatamente, a queste famiglie non è mai stato permesso di tornare”
Dopo 33 anni I discendenti di quegli animali domestici ancora abitano la zona, si stima che più di 220 esemplari di cane abitino l’interno della centrale e che altri 750 siano sparsi nella zona circostante rendendo cosi molto difficile il recupero.
Dal 10 maggio 2017 è stata ideata una raccolta fondi per aiutare i cani di Cherobyl su GoFounMe, in questi ultimi periodi grazie alla messa in onda della mini serie TV prodotta dalla HBO, CHERNOBYL che ha sensibilizzato il pubblico e le donazioni sono notevolmente aumentate arrivando a superare i 65 mila dollari .
I fondi raccolti saranno utilizzati da Clean Futures Fund per fornire cure mediche e assistenza a tutti i randagi che vivono ancora in quelle zone.
Nel 2017 sono stati trattati per avvelenamento più di 850 animali tra cani e gatti, vaccinati e sterilizzati, nel 2018 più di 40 cuccioli sono stati decontaminati e adottati in tutto il mondo.
I cuccioli mostrano livelli molto bassi di contaminazione e dopo essere trattati con disinfettanti specifici possono essere tranquillamente adottati senza incorrere in alcun pericolo.
Si stima che gli effetti devastanti della contaminazione di Cherobyl avranno fine tra circa 100 anni.
Intanto all’interno della centrale nucleare ci sono tutt’oggi più di 3000 persone che a lavorano per cercare di mettere in sicurezza il reattore numero 4 e smantellare la centrale.
“Le regole dell’uomo non significano nulla per il mondo degli animali: si sdraiano, scavano, si rotolano, bevono pozzanghere”, afferma Lucas Hixson, co-fondatore di Clean Futures .
E’ stato infatti raccomandato ai lavoratori della fabbrica di non toccare i cani, poiché le pellicce degli animali potrebbero essere intrise di particelle radioattive, ma i lavoratori di Chernobyl condividono spesso i loro pranzi con le centinaia di randagi che vagano nella zona.
L.L.
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