Capita e non di rado, individuare alcuni capi di abbigliamento con delle pellicce piuttosto strane. Anche se l’alta moda sta lanciando dei chiari segnali contro l’uso delle pellicce, per uno sviluppo etico e sostenibile, c’è chi ancora è indifferente a questi particolari e continua ad acquistare senza farsi scrupoli capi con inserti di pelle e di pelliccia. Quello che non viene mai evidenziato è che in molti casi non solo si possono prendere vestiti con inserti di cani o di gatto ma anche con pellicce di animali protetti. Non si tratta purtroppo di leggende “metropolitane”. E’ quanto è emerso ancora una volta da un blitz condotto dai Carabinieri Forestali Raggruppamento Servizio CITES (Convention on International Trade of endangered Species of Wild Fauna and Flora) a Sesto Fiorentino.
Sono stati infatti sequestrati oltre 5.500 capi di abbigliamento, tra cui cappelli, sciarpe e guanti realizzati con pelliccia di procioni allevati e provenienti dalla Cina.
In base ad una normativa europea è vietata l’introduzione di pellicce e prodotti di animali come il procione, il coyote, la lince ed altri, provenienti da Paesi che non assicurano il benessere agli animali negli allevamento o che non sono stati sottoposti ad uccisioni illegali, maltrattamento e sevizie. In Italia la pena prevede anche l’arresto fino ad un anno e l’ammenda da 10 a 100mila euro.
La merce sequestrata in Toscana poteva fruttare ai commercianti sino a 200.000 euro. I Carabinieri del Cites hanno ricevuto la segnalazione di un’importazione di dubbia provenienza. Effettuando un controllo nel magazzino in cui era stata depositata non solo hanno accertato inserti come i pom-pom degli accessori, realizzato con pelli di procione ma hanno subito messo sotto sequestro la merce illegalmente introdotta. Purtroppo si tratta di casi diffusi e non sempre i capi vengono individuati. L’importazione illegale di prodotti di animali vietati, animali vivi e appartenenti a specie protette per l’industria della moda è uno dei settori sul quale Cites intende aumentare i controlli.
Nonostante questi casi c’è chi ancora nega l’evidenza. E’ piuttosto comune in alcuni negozi trovare materiali sospetti che in molti confondono con “sintetici”.
C.D.