Sostituire il microchip ad un cane smarrito integra il reato di riciclaggio: a stabilirlo la Cassazione con Sentenza n. 9533 del 2022.
Il microchip, come noto, è un dispositivo elettronico che serve ad identificare univocamente gli animali. Inocularlo al cane è un obbligo di legge; per questo sostituire il microchip ad un cane smarrito, rendendone impossibile l’identificazione, integra reato di riciclaggio, punito a norma dell’art. 648-bis del Codice penale.
Il proprietario di un cane ha, tra i vari obblighi, quello di provvedere alla sua custodia; e, nell’ipotesi in cui l’animale si smarrisca, attivarsi immediatamente nella sua ricerca.
Anche perché, in caso contrario, si configurerebbe il reato di abbandono di animali, previsto e punito ai sensi dell’art. 544-bis c.p.
Il reato, infatti, può essere realizzato anche con una condotta omissiva, ben diversa dall’immagine stereotipata del proprietario che abbandona il cane su un’autostrada.
Infatti, anche quando l’animale si allontani volontariamente da casa, laddove il proprietario non si attivi concretamente nella sua ricerca, è passibile di sanzione penale.
Uno degli ausili più importanti nella ricerca del cane smarrito è costituito dal microchip; si tratta di un dispositivo elettronico contrassegnato da un codice univoco di 15 cifre, associato univocamente all’animale e al suo proprietario.
L’animale, pertanto, deve poter essere identificabile; è per questo che sostituire il microchip al cane smarrito costituisce reato di riciclaggio, punito ai sensi dell’art. 648-bis c.p.
A stabilirlo la Corte di Cassazione con la recentissima Sentenza n.9533 del 2022.
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E così pertanto che il proprietario di un canile si è visto condannare per la condotta di cui all’art. 648-bis c.p., confermata poi nel giudizio di legittimità dalla Corte di Cassazione, per aver sostituito il microchip di un Pastore Tedesco smarritosi, presentatosi, a detta dell’imputato, alle porte della sua struttura.
A nulla sono valse le ragioni della difesa, secondo la quale il fatto non costituiva reato in quanto andava correttamente circoscritto nell’alveo dell’art. 925 c.c., che regola la disciplina degli animali mansuefatti, per la quale questi ultimi diventano di proprietà di chi li ha ritrovati, se non reclamati dal proprietario entro il termine di venti giorni, che decorrono dal momento nel quale quest’ultimo viene a conoscenza del luogo in si trovano.
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Secondo gli ermellini il cane non può essere ricondotto in tale categoria, in quanto trattasi di animale addomesticato, e come tale abituato a tornare nel luogo dove abitualmente dimora. Senza contare che, nel caso specifico, il legittimo proprietario del Pastore Tedesco si era attivato immediatamente nelle ricerca dell’animale smarrito, che ha peraltro avuto esito positivo.
Antonio Scaramozza
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