Una sentenza che farà discutere quella pronunciata dalla Cassazione che prevede il sequestro del cane laddove disturba i vicini. E’ il caso di una donna che, a Trieste, deteneva tre cani in un cortile condominiale, in pessime condizioni igienico sanitarie e che non solo disturbavano la quiete abbaiando ma contribuivano ad emanare cattivi odori nel palazzo.
I condomini avevano pertanto presentato una denuncia per la quale si configuravano i reati di “disturbo della quiete pubblica” (art. 659 del codice penale) e “getto pericoloso di cose” (art. 674 c.p.), in quanto la donna non puliva gli escrementi degli animali.
Sul posto sono stati effettuati dei controlli dalle autorità sanitarie e dei rilievi fonometrici dell’Arpa. Il Tribunale di Trieste condannò la proprietaria dei tre cani che presentò un ricorso in Cassazione sostenendo che il sequestro preventivo dei cani sarebbe legittimo solo in caso di loro maltrattamento, mentre l’abbaiare dei cani è un fatto naturale riconosciuto da un’altra sentenza della Cassazione e sussisterebbe il reato solo se continuo e tale da impedire il riposo notturno. Infine, le stesse emissioni erano nella norma della tollerabilità visto che si trattava di singoli escrementi nel cortile rimasti per un periodo di tempo ignoto.
Il ricorso è stato respinto dalla Cassazione con la sentenza n. 54531/2016, emessa lo scorso 22 dicembre, disponendo il sequestro preventivo degli animali in quanto ritenuti “cose pertinenti al reato” e la causa per cui la proprietaria potrebbe continuare commettere il reato di disturbo della quiete pubblica.
Una sentenza sconcertante in quanto fino ad oggi vi è stato un ampio dibattito per portare l’animale da compagnia ad essere considerato un essere senziente, tanto che non può più essere pignorato. In questo caso, da un punto di vista penale, l’animale viene considerato come una cosa e quindi il giudice ha ritenuto che vi erano gli estremi per un sequestro preventivo anche se la stessa proprietaria ha sostenuto nella difesa che l’allontanamento dei cani poteva provocare loro sofferenza da abbandono.
“La comunque non dimostrata e niente affatto pacifica e indiscutibile sofferenza dei cani derivante dall’allontanamento è priva di rilevanza rispetto alle esigenze umane, che sono tutelate dalle norme penali artt. 674 e 659 cod. pen.”, ha scritto la Cassazione che in questo caso ritiene che il sequestro non provoca perché i cani “non vengono né uccisi, né feriti, né maltrattati, ma soltanto trasferiti”.