Uno studio ha messo in luce che la sedentarietà può accrescere il rischio di demenza nel cane: scopriamo insieme cosa sapere.
Cani inattivi o letargici sono maggiormente propensi a sviluppare la demenza durante la vecchiaia. A sostenerlo è uno studio correlato al progetto Dog Aging Project, finalizzato a monitorare e migliorare la qualità di vita dei quattro zampe anziani. Ecco quali sono i risultati della ricerca.
La demenza è una condizione legata al processo di invecchiamento cerebrale, che colpisce circa la metà dei cani con un’età superiore agli 11 anni.
Essa comporta una serie di variazioni del comportamento e intacca in particolar modo la memoria e la capacità di concentrazione, che vengono compromesse.
Quali sono i fattori di rischio che possono predire lo sviluppo di demenza nel cane?
Ad oggi, non ci sono certezze in relazione alla razza e all’ereditarietà come possibili aspetti in grado di influenzare la comparsa o meno di questa condizione.
Come si manifesta la demenza? I principali sintomi sono:
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Non solo età avanzata: secondo i ricercatori, anche uno stile di vita sedentario accresce il rischio di demenza nel cane.
Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Scientific Reports, si è avvalso dell’aiuto dei proprietari di oltre 15.000 cani, chiedendo loro di compilare due questionari che indagavano il livello di energia dei loro pelosetti e l’attività fisica svolta ogni giorno.
Inoltre, gli studiosi hanno indagato eventuali dimenticanze di Fido, come la difficoltà a riconoscere i volti familiari.
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Dopodiché, tenendo conto dell’età, del genere, della razza e della sterilizzazione, hanno assegnato un punteggio compreso tra 16 e 80. Oltrepassata la soglia dei 50 punti, si era in presenza di declino cognitivo nel cane.
Incrociando i dati, gli studiosi hanno messo in luce come la sedentarietà fosse associata alla demenza, dimostrando che l’attività fisica e intellettuale gioca un ruolo chiave nella prevenzione di questa condizione.
Del resto, stare in compagnia di Fido e interagire con lui è un ottimo modo non solo per mantenere attive e stimolate le sue abilità cognitive, ma anche le nostre: entrambe le specie, infatti, beneficiano del contatto l’una con l’altra.
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