Entrambi sono strutture pensate per ospitare i cani randagi: rifugi e canili, due realtà differenti a confronto.
Nonostante l’accresciuta sensibilità verso gli animali e le tutele predisposte dalla legge, il randagismo continua ad essere un problema. Canili e rifugi sono i luoghi deputati all’accoglimento dei cani randagi: strutture con obiettivo comune, ma importanti differenze di fondo.
Il randagismo è una piaga ben lungi dall’essere abbattuta: se è vero che allo scopo sono preposte delle norme, è altresì chiaro il disimpegno delle istituzioni verso il superamento definitivo del problema.
I cani vaganti sul territorio, come noto, vanno prelevati dalle autorità competenti, per essere ospitati in canili e rifugi. La norma che disciplina la prevenzione del randagismo tra qualche giorno compirà ben 30 anni: eppure i canili sono ricolmi e le strade ancora piene di randagi.
I fattori sono molteplici: da un lato le insufficienti o inesistenti campagne di sterilizzazione, che rendono la lotta al randagismo una strategia senza capo né coda; dall’altro l’inesistenza di controlli sul reale rispetto dell’obbligo di microchip al cane.
Solo questi ultimi consentirebbero di disporre di un’arma realmente efficace contro l’abbandono di animali, che da sempre alimenta il fenomeno del randagismo.
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Canili e rifugi sono le strutture predefinite per l’accoglimento dei cani randagi.
È la Legge 281/1991 a prevederle, non sancendo delle distinzioni atte a comprendere la differenza tra le due tipologie di strutture. Trattandosi di una Legge quadro, la definizione puntuale di vari principi è demandata alle Regioni.
Possiamo dire che il canile è la struttura predefinita dal punto di vista istituzionale per l’accoglimento del cane randagio.
All’arrivo in canile si verifica se l’animale sia dotato di microchip. In caso di esito positivo, si procede a rintracciare il suo proprietario e ad effettuare le verifiche del caso (si rammenta che l’abbandono di animali è un reato).
In caso contrario il cane sarà sterilizzato, microchippato (con intestazione al Comune nel cui territorio l’animale è stato rinvenuto) e allocato presso uno dei box/gabbie del canile, in attesa di adozione.
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Il rifugio è una struttura analoga al canile, ma vi sono alcune peculiari differenze da porre in rilievo. Prima di tutto, non si tratta di strutture istituzionali. Di norma, infatti, vengono gestiti da volontari, che impiegano il proprio tempo e risorse economiche per la cura dei cani in essi ospitati.
I rifugi, di norma, si finanziano anche attraverso donazioni. Altra differenza è da rinvenirsi anche negli esemplari ospitati: per quanto ogni cane randagio possa trovare spazio in essi, spesso si privilegiano animali con storie di maltrattamento alle spalle, più difficili da recuperare e che necessitano di un ambiente più sereno.
Anche la struttura in senso stretto può presentare delle differenze importanti. Molti rifugi al loro interno presentano aree verdi, all’interno delle quali i cani sono liberi di soddisfare i propri bisogni etologici in piena sicurezza, grazie ad un ambiente il cui perimetro è delimitato da recinzioni che non ne consentono l’uscita.
Non si tratta di una regola generale, tuttavia; va tenuto conto anche del luogo in cui sorge la struttura, e delle risorse (anche economiche) a disposizione. Entrambi sono dei luoghi di passaggio per i cani, almeno sulla carta.
La realtà spesso è ben diversa, soprattutto per i canili. Altra differenza molto importante infatti è l’impegno nelle campagne di adozione degli ospiti all’interno delle strutture, decisamente più marcato nei rifugi ospitanti i cani.
Antonio Scaramozza
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