Quale reato compie il proprietario che mette al proprio cane un collare elettrico? La Cassazione ha risposto al quesito con due sentenze.
Il nostro ordinamento giuridico presenta un importante corpus di norme penali a tutela dell’integrità psicofisica degli animali; ma la previsione legislativa, da sola, non è sufficiente. Ed è la giurisprudenza, in particolare quella di legittimità, a chiarire l’ambito di applicazione delle varie norme ai casi concreti che, giorno dopo giorno, vengono sottoposti al suo giudizio. Ecco cosa hanno statuito gli Ermellini in tema di utilizzo del collare elettrico per il cane.
Il collare elettrico per il cane è legale? Quando il proprietario infrange la legge? E quale reato compierebbe?
Sull’argomento, invero, v’è molta confusione. D’altronde i collari elettrici sono disponibili sul mercato, e legalmente acquistabili; e non potendo tali accessori essere impiegati per altro scopo, apparirebbe un irragionevole controsenso l’illegalità del loro utilizzo.
Le norme penali che disciplinano i reati contro gli animali, da sole, non sono sufficienti a chiarire l’arcano. La Cassazione si è più volte espressa sull’argomento, lasciando, tuttavia, diversi dubbi interpretativi.
Invero gli Ermellini, fin da subito, o meglio, fin dal momento a partire dal quale sono stati investiti della questione, hanno chiarito che
la produzione di scosse o altri impulsi elettrici trasmessi all’animale con un comando a distanza […] è “certamente incompatibile con la natura del cane. (Sentenza n. 15061/2007).
Apparentemente più chiare, almeno per ciò che concerne le conseguenze giuridiche per il trasgressore, le successive statuizioni.
In particolare con la Sentenza n.38034 del 2013 la Cassazione ha stabilito che
l’utilizzo di collare elettronico, che produce scosse o altri impulsi elettrici trasmessi al cane tramite comando a distanza, integra il reato di cui all’art 727 cp, concretizzando una forma di addestramento fondata esclusivamente su uno stimolo doloroso tale da incidere sensibilmente sull’integrità psicofisica dell’animale.
È l’abuso nell’utilizzo del dispositivo ad integrare il reato di maltrattamento di animali ex art. 544 ter cp, atteso che
ogni comportamento produttivo nell’animale di sofferenze che non trovino adeguata giustificazione costituisce incrudelimento rilevante ai fini della configurabilità del suddetto delitto contro il sentimento per gli animali. (Sentenza n.15061/2007)
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Per quanto possano apparire chiare le statuizioni della Corte di Cassazione, qualche dubbio rimane, specie se si pensa al fatto che la commercializzazione del collare elettrico per il cane è del tutto lecita e che dunque l’acquisto non costituisce reato.
In particolare è la Sentenza n.38034 del 2013, che definisce l’ambito di applicabilità dell’art. 727 cp in relazione alla fattispecie analizzata, a lasciare qualche perplessità.
Nella prima parte, infatti, gli Ermellini affermano testualmente che l’uso del suddetto collare elettronico, costituisce reato ex art. 727 cp, poiché incidente sensibilmente sull’integrità psicofisica del cane.
Nella seconda parte, tuttavia, l’enunciato sembra ridimensionato e riferibile al solo addestramento dell’animale. È chiaro, pertanto, che i dubbi interpretativi sono diversi. Perché se l’utilizzo del collare elettrico è sempre configurabile quale addestramento per il cane, allora tale utilizzo è sempre vietato, tout court.
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Non sarebbe illecito, di per sé, applicare il dispositivo al collo dell’animale, ma purché non se ne sfruttino le caratteristiche specifiche. Un controsenso evidente: nel caso, perché acquistare un collare elettrico in luogo di un normalissimo collare?
Non giungiamo a considerazioni diverse anche laddove la massima debba essere intesa nel senso di divieto dell’accessorio nella sola fase di addestramento: perché comprare l’accessorio per uno scopo diverso che può essere realizzato con un normale e meno costoso collare?
Il tutto senza contare quella che sarebbe la difficoltà processuale di dimostrare se l’addestramento del cane è terminato oppure no.
Insomma, i nodi da scegliere restano ancora molti.
Antonio Scaramozza
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