I cani possono donare gli organi, e, di riflesso, riceverli? Scopriamo se esiste una disciplina giuridica che regola l’argomento in questione.
Negli Stati Uniti i trapianti di organi da animale ad animale sono già una realtà; in Italia, invece, la pratica non è contemplata. Quali sono i motivi ostativi alla sua attuazione? Perché i cani non possono donare o ricevere gli organi da altri conspecifici? Scopriamolo insieme in questo articolo.
Il trapianto è un intervento chirurgico che consiste nella sostituzione di un organo o tessuto malato, quindi non più funzionante, con uno sano dello stesso tipo proveniente da un altro individuo che viene chiamato donatore; questa la definizione presente sul sito del Ministero della Salute.
Gli esseri umani e gli animali hanno in comune varie patologie e rispettive cure, tra cui si annoverano diversi tipi di intervento chirurgico; il trapianto di organi, tuttavia, non rientra fra questi.
In Italia, infatti, i cani non possono donare (e dall’altro lato ricevere) organi al fine di un trapianto. Non v’è una normativa che vieta la pratica; il Legislatore pare non aver affrontato l’argomento. Similmente anche quello europeo non ha predisposto una disciplina per la regolamentazione della pratica.
Allo stato attuale, dunque, cani e gatti possono donare solo il sangue.
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In verità vi sono una serie di ragioni per cui la pratica del trapianto di organi da animale ad animale non ha preso piede in Italia e nel resto d’Europa.
Tra queste non rientra l’impossibilità tecnica di eseguire tale tipologia di intervento: negli Stati Uniti esistono diverse cliniche specializzate in materia. Tuttavia i risultati non paiono incoraggianti.
Ad esempio, per ciò che concerne il trapianto di reni, in media l’animale ricevente l’organo sopravvive in media tra le 3 e le 4 settimane (per un massimo di 100 giorni circa); un dato davvero poco confortante, che ci obbliga a chiedersi se ne valga davvero la pena, a fronte della sofferenza e dello stress del cane, e, volendo, anche a fronte di quelle che sono le esorbitanti spese da sostenere.
Inoltre desta non poco preoccupazione nelle associazioni animaliste, laddove la pratica venisse sdoganata, quello che diverrebbe verosimilmente il bacino da cui attingere gli organi da trapiantare.
Molto probabilmente verrebbe ad alimentarsi un mercato illegale di organi d’animale d’affezione, che vedrebbe come vittime sacrificali gli animali randagi; un ulteriore motivo, per i malintenzionati, di alimentare l’odioso fenomeno del randagismo.
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Insomma, considerati anche i risultati affatto incoraggianti dei trapianti di organi da animale ad animale, per una volta è meglio lasciare le cose così come stanno; sperando che in breve tempo la ricerca sull’argomento possa fare un significativo salto di qualità, allungando sensibilmente la vita media dei nostri amici a quattro zampe.
Al momento sarebbe meglio concentrarsi sulla piaga del randagismo, ancor ben lungi dall’essere abbattuta, nonostante non siano gli strumenti a mancare.
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