In Calabria è legale tenere il cane alla catena? Se non lo è, quali sono le sanzioni previste dalla legge regionale? Scopriamolo insieme.
In materia di animali d’affezione, di norma le Regioni disciplinano, tra le altre cose, anche le modalità di detenzione degli animali. La Calabria regola la detenzione del cane a catena con la Legge Regionale n. 41 del 1990 (e successive modificazioni). Ecco che cosa statuisce in merito.
Gioia, amore, coccole, ma anche doveri, e tanti. Adottare un animale d’affezione apre le porte della nostra vita ad un legame affettivo che sarà duraturo; allo stesso tempo, tuttavia, ci obbliga all’assunzione di determinate responsabilità.
D’altronde il proprietario, o meglio ancora compagno umano, deve garantire la tutela dell’integrità psicofisica dell’animale.
E pertanto assicurare al suo amico a quattro zampe, ça va sans dire, cibo, acqua, un ambiente di vita idoneo e compatibile con le caratteristiche etologiche del medesimo e un controllo costante dello stato di salute dell’animale.
Tutti obblighi che ne presuppongono uno propedeutico, costante, la cui mancata attuazione renderebbe impossibile la realizzazione degli stessi: la custodia dell’animale, necessaria per potersene prendere cura. Certo, sono diverse le modalità di detenzione degli animali.
In particolare, per il cane che vive in un giardino non recintato o messo in sicurezza, quello predefinito è ancora la catena. Uno strumento di detenzione arcaico, oramai superato, e tristemente simbolico di una schiavitù eterna, vita natural durante, a cui sono ancora oggi condannati molti dei nostri amici a quattro zampe.
D’altronde, in molte Regioni italiane, è ancora legale tenere il cane alla catena.
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Sono le Regioni infatti, di norma, a legiferare sul punto.
E la Calabria regola le modalità di detenzione del cane alla catena con la L. R. n. 41 del 1990 (Istituzione anagrafe canina, prevenzione randagismo e protezione degli animali) e le successive modificazioni; regola, per l’appunto, poiché l’utilizzo dello strumento è del tutto legale, nel territorio della Regione.
Certo, la norma specifica che l’uso della catena è consentito se necessario, senza specificare tuttavia quali sono le circostanze che giustifichino la deroga, e solo per un numero limitato di ore al giorno, anche qui senza alcuna indicazione più precisa. Insomma, un divieto parziale, molto debole in verità, anche “sulla carta”.
La catena deve avere una lunghezza di almeno 5 metri; 3 metri, se fissata ad una fune di scorrimento di almeno 6 metri tramite anello di scorrimento ed un gancio snodabile.
Chi viola le suddette disposizioni, rischia di incorrere nelle sanzioni di cui all’art. 19. Anche su questo punto, per la verità, l’entità della punizione è piuttosto labile: la norma parla di sanzioni amministrative che vanno dalle 300.000 lire ai 3.000.000 Lire (il testo, in tal punto, non è stato modificato successivamente).
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Vengono richiamate altresì le sanzioni penali connesse alle condotte violative delle prescrizioni della normativa regionale. Anche in questo caso, tuttavia, il testo non è aggiornato.
Si fa riferimento, per condotte riconducibili alla fattispecie del maltrattamento di animali, alla previgente versione dell’art. 727 c.p., che all’epoca costituivano ancora un reato contravvenzionale.
Oggi la normativa di riferimento è costituita dal reato di maltrattamento di animali, previsto e punito dall’art. 544-ter c.p.
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