Nessun superstite, una vera e propria strage. E’ l’amaro commento di un membro del Cras, Centro di recupero faunistico di Calimera, intervenuto per constatare a Trepuzzi la strage compiuta nella giornata di domenica 26 novembre, a ridosso di un rifugio.
Una distesa di uccelli ormai morti: duecento stormi abbattuti senza pietà, per gioco. Una carneficina che non trova spiegazioni se non nel macabro piacere sadico di uccidere forse per noi o frustrazione.
Un membro del centro ha ricordato che gli stormi sono gregari e si uniscono tra di loro, arrivando a un migliaio di esemplari: “Bastano tre quattro cinque fucilate per ucciderne centinaia”, ha dichiarato la responsabile, intervenuta sul posto e costando che nessun uccello era sopravvissuto.
Secondo quanto è stato raccontato da Simona Potenza, responsabile fauna omeoterma per il Centro recupero di Calimera, “al canile di Trepuzzi i volontari stavano,come ogni giorno, accudendo i piccoli ospiti […].A metà mattinata i guaiti di gioia dei cani e le risate dei volontari sono state bruscamente interrotte da colpi di fucile a distanza ravvicinata esplosi in direzione del canile. Attimi di terrore prima di capire cosa fosse successo”.
Momenti di panico durante i quali i cani si sono agitati, mentre i volontari che sono usciti a verificare quanto fosse accaduto si sono trovati dinanzi ad una pioggia di uccelli.
Centinaia di volatili a terra, agonizzanti. Il responsabile della strage sarebbe scappato immediatamente. I testimoni hanno giusto avuto il tempo di vedere un’automobile, una passat grigia.
La Potenza ricorda che si tratta “di reati commessi da una sola persona sono molteplici e vanno dall’abbattimento di specie non cacciabili,alla mancata distanza di sicurezza dall’abitazione al fatto che non abbia sparato di spalle, ma in direzione della struttura, non tenendo minimamente conto del fatto che all’interno ci fossero sia persone che cani e,questi ultimi,già fortemente provati dalla vita in gabbia”.
Purtroppo, sottolinea la responsabile del centro faunistico, “ogni anno a chiusura della stagione venatoria si contano i danni provocati da un’attività percepita da chi la pratica come sport,o hobby o addirittura arte secondo alcuni”, concludendo che: “Non riusciamo però a vederci niente di sportivo o di artistico in questa vicenda esperiamo che gli stessi cacciatori prendano le distanze da storie e colleghi simili”.
“È stato un trauma vedere questo scempio”, ha commentato F. Montefusco del centro faunistico, mostrando gli scatti di quella strage della quale restano le testimonianze agghiaccianti.
Immagini che portano a chiederci cosa spinga un individuo a compiere un gesto così sadico e che piacere provi, togliendo la vita a centinaia di creatura innocue.
C.D.
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