La storia di Umberto Cara, il veterinario che accoglie animali selvatici vittime del traffico illegale, supera i confini e sbarca sui media d’oltralpe. Una realtà, quella del commercio illegale e del traffico della fauna selvatica, della quale spesso non si hanno notizie, oltre a quelle dei sequestri con tanto di immagini”spettacolari” che segnalo numeri, arresti e provenienze degli animali.
Tuttavia, dopo i sequestri, questi poveri esemplari, sfruttati, devono essere ricollocati e inseriti in un percorso di riabilitazione, mirato, nei casi migliori, al loro reinserimento negli habitat naturali. Si tratta di una realtà molto più vicina di quanto si possa pensare. Infatti, la penisola accoglie molti rifugi di fauna selvatica, alcuni dei quali, allestiti per accogliere specie particolari, come quelle esotiche.
Uno di questi rifugi è quello del veterinario Cara che sta alle porte di Roma, all’interno del parco dell’Appia Antica: “il Nostro regno“. Cara collabora con le autorità da una decina di anni e ha messo a disposizione un terreno di sua proprietà per la riabilitazione di esemplari sequestrati dal traffico di animali esotici, un vero e proprio giro d’affari per la criminalità organizzata, che si aggira a 30 miliardi di dollari l’anno.
Oltre ad accogliere cani, gatti e altri animali domestici o selvatici più comuni in Occidente, Cara ha creato delle strutture adatte a specie più pericolose. Tuttavia, sottolinea il veterinario, “la reintroduzione di questi animali nel loro habitat è possibile ma è molto difficile. Prevede dei progetti tra lo Stato italiano e altri Stati. E’ possibile ma difficile”. Tra gli esemplari presenti nel rifugio di Cara, vengono segnalati pitoni, lemuri, una tartaruga gigante, un’aquila e un caimano.
La clinica accoglie solo una piccola parte degli animali sequestrati in Italia, in particolare alle dogane, che ogni anno recuperano 400 animali vivi, ma anche pelle e altre parti del corpo che sono preziose. In questi ultimi anni, il traffico illegale è stato collegato anche al finanziamento delle attività di gruppi terroristici come i Boko Haram in Nigeria e che sono i primi a ordinare crimini contro la fauna selvatica, commerciando avorio, corni di rinoceronte ma anche legname pregiato. Un capitale iniziale utile a finanziare successivamente il traffico di droga, di armi e di persone.
L’opera di Cara consiste nel curare e nel seguire gli esemplari sequestrati come ad esempio due gibbioni chiamati Tai e Martedì, recuperai nel 2013 e nel 2014: “Ci sono delle relazioni molto forti che si creano con alcuni animali che sono vicini all’uomo e con le quali si crea un vero dialogo”, ha spiegato Cara che ha introdotto i due primati in un progetto di ricerca universitario mirato allo studio e all’osservazione della specie.
Sempre nel Lazio esiste il Parco dell’Abatino, in provincia di Rieti, che si rivela essere sia un Centro di recupero di sequestri che un rifugio permanente di esemplari salvati non solo dai laboratori di vivisezione o animali feriti dal bracconaggio o altre attività umane. Anche in questo caso, il centro accoglie ben 450 animali, tra i quali un centinaio di primati tra macachi di Tonkeana, macachi di Java, macachi berberi, macachi rhesus, cebi, cercopitechi, una gibbona, una babbuina e poi le piccole uistitì e le saimiri. Proprio l’Abatino è stato uno dei luoghi ritenuti idonei per accogliere i 24 macachi del Cnr per i quali inizio anno, il ministero della salute ha però negato il trasferimento e che ad oggi sono sempre detenuti nelle gabbie dei laboratori di ricerca, in attesa che la burocrazia decida del loro destino.
Ovviamente si tratta di attività che come sempre non hanno sufficienti risorse economiche nonostante il servizio svolto e il ruolo che rivestono nel recupero della fauna selvatica. Ecco perché non solo possono contare sull’attività di volontari, di donazioni con il 5per mille e di donazione spontanee, per poter proseguire l’immenso lavoro svolto con tutte le difficoltà del momento.
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