A fine ottobre era stato diramato un bollettino preoccupante riguardo allo spiaggiamento di una trentina di tartarughe marine Caretta sulle coste dell’Adriatico.
La Fondazione Cetacea di Riccione ha aggiornato i dati funesti rendendo noto che nel mese di ottobre, sul litorale marchigiano e romagnolo sono state ritrovate ben 132 caretta, molte delle quali erano in avanzato stato di decomposizione. I corpi dei poveri animali sono spinti verso le coste dai venti autunnali di bora.
Gli esperti ipotizzano che molti esemplari siano pertanto deceduti al largo e siano stati trascinati sulle coste dalle correnti marine. Tra le cause, la Fondazione evidenzia che si potrebbe trattare di esemplari rimasti intrappolati nelle reti dei pescatori o altri arnesi e che siano stati poi rigettati in mare. Ecco perché i ricercatori propongono che sia intensificato un dialogo con il settore della pesca che potrebbe contribuire e consentire il recupero di molte tartarughe per salvarle.
“Dobbiamo intensificare i contatti con i pescatori per cercare di curarne il più possibile”, ha commentato la Fondazione, ipotizzando che gli animali spiaggiati siano solo una parte di quelli morti in alto mare.
In vista del referendum sul rinnovo dei permessi per le trivelle,come riportava un articolo del Corriere.it a gennaio del 2016, gli ambientalisti, ricercatori e alcuni scienziati avevano evidenziato come alcune tecniche per individuare i giacimenti, ad esempio l’airgun, spari ad altissimi decibel, disturbino la fauna marina, denunciando inoltre lo scarso controllo sulle ripercussioni delle trivellazioni. Non a caso, proprio per questo motivo, il Belize recentemente ha rinunciato al nuovo piano strategico del Governo per le ricerche di giacimenti petroliferi, in quanto il rischio di danneggiare l’area protetta della barriera corallina e la fauna marina era troppo elevato.
L’Adriatico è quasi tutto interessato sia dalle ricerche di giacimenti che dalle estrazioni: da Rimini, a Ravenna, Pesaro e Senigallia, per poi scendere verso Ancona e Termoli e anche al largo di Brindisi e nel Leccese sono state rinnovate quest’anno le concessioni.
Nel mede di marzo 2016, Greenpeace aveva pubblicato il rapporto “Trivelle fuori-legge”, diffondendo i dati del ministero dell’ambiente relativi all’inquinamento generato da 34 trivelle, di cui 29 proprio a largo delle coste romagnole. Greenpeace denunciava che nell’Adriatico a causa delle estrazioni sono presenti sostanze chimiche che creano un forte impatto sull’ambiente e sugli esseri viventi.
Lo stesso Sauro Pari direttore della Fondazione Cetacea di Riccione, come riporta il corrieredellaromagna in un intervento del 2014, nell’ambito di una conferenza stampa indetta dall’onorevole Andrea Zanoni, eurodeputato Pd , denunciò i pericoli sulla creazione di ben diciannove nuove piattaforme per l’estrazione di petrolio, idrocarburi e gas entro il 2020 nell’Adriatico, davanti alle coste di Rimini. “Alcuni dei 14 delfini trovati senza vita spiaggiati sono stati trovati con i timpani sfondati”, aveva allora denunciato Pari.
Lo stesso anno ben 24 associazioni pugliesi, lucane, campane e siciliane erano del parete che ci fosse un collegamento fra gli spiaggiamenti di capodogli e tartarughe e le sonde per i giacimenti petroliferi effettuati tramite air-gun.
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