Cosa fare a seguito di puntura di medusa? I classici rimedi della nonna e le consuetudini del passato potrebbero addirittura aggravare la situazione.
Prima di iniziare una precisazione è d’obbligo. Le meduse non pungono l’essere umano o il cane per due motivi: non hanno un vero pungiglione e non attaccano. Siamo noi che andiamo incontro e ci scontriamo con i loro tentacoli, spesso lunghi diversi metri. I tentacoli contengono le cnidocisti (piccoli organi urticanti dov’è contenuto il veleno che serve a difendersi dai predatori e a paralizzare una preda); quando questi toccano la pelle dell’uomo rilasciano il veleno che può essere urticante. Il liquido urticante delle meduse è composto da una miscela di tre proteine: una con effetto paralizzante, una con effetto infiammatorio e una neurotossica. I sintomi sono forte dolore, bruciore intenso e pelle arrossata. Come intervenire?
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I suggerimenti e la saggezza degli avi sono un tesoro inestimabile ma non nel caso della puntura di medusa. I ricercatori della University of Hawaii hanno pubblicato uno studio sulla rivista Toxins che sfata alcuni miti e al contempo suggerisce rimedi per attenuare il dolore e superare il fastidioso dell’inconveniente estivo.
Cosa NON devi fare:
– non premere la pelle e non raschiare via le cellule tramite una tessera rigida (come la classica tessera punti o sanitaria). Queste azioni provocherebbero maggiore rilascio di veleno;
– non applicare ghiaccio (il veleno si conserva più a lungo);
– non sfregare la zona dolorante con la sabbia (anche in questo caso ci sarebbe un maggior rilascio di veleno);
– non applicare sulla parte una pietra o l’acqua calda, per annullare le tossine servono 40-50 gradi;
– non lavare con ammoniaca o alcool, non sono disattivanti della tossina delle meduse e potrebbero infiammare ancora di più la parte colpita;
– non applicare urina, nella maggior parte agisce come soluzione neutra e spargerebbe le cellule urticanti su un’area più grande. In altri casi, che dipendono dalla composizione dell’urina, quest’ultima potrebbe scatenare una reazione più aggressiva delle cellule della medusa;
– non applicare creme al cortisone o antistaminici, sono inutili perché entrano in azione dopo 30 minuti dall’applicazione e cioè quando la reazione da contatto si è esaurita naturalmente.
Cosa devi fare:
– esci dall’acqua;
– mantieni la calma;
– cerca qualcuno in grado di aiutarti (magari nel presidio di primo intervento);
– lava la parte colpita con acqua di mare per rimuovere le parti di medusa rimaste attaccate e per diluire la tossina non ancora penetrata (non con acqua dolce perché questa può favorire l’ulteriore scarica del veleno delle cnidocisti);
– se i filamenti dei tentacoli sono rimasti attaccati alla pelle vanno rimossi con una pinzetta;
– tieni al caldo la parte danneggiata;
– applicare gel astringente al cloruro di alluminio (blocca la diffusione delle tossine e lenisce la sensazione di prurito) oppure spray lenitivi a base di acqua di mare e sostanze astringenti naturali).
Un capitolo a parte lo merita l’aceto. I ricercatori hawaiani hanno spiegato che, se disponibile, è bene inumidire la parte interessata con l’aceto. Quest’ultimo è in grado disattivare le cellule dei tentacoli rimasti sulla pelle soprattutto nel caso di puntura di Alatina alata (una cubomedusa diffusa nell’oceano Pacifico) e della Caravella portoghese (la Physalia phisalis). Così facendo si riduce la probabilità di provocare altri danni ad altre zone della pelle se, durante il lavaggio, i tentacoli finiscono altrove. L’aceto è risultato essere meno efficace per le punture delle meduse presenti nei mari italiani.
S.C.
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