La Corte europea di giustizia ha ribadito la validità del divieto del commercio di prodotti derivati dalle foche, respingendo, lo scorso 3 settembre, il ricorso presentato da Inuit Tapiriit Kanatami, un’associazione che rappresenta gli Inuit canadesi, altre associazioni e alcuni privati, tra i quali fabbricanti e commercianti di prodotti derivati dalla foca di diverse nazionalità.
Il ricorso è stato presentato dopo un’analoga sentenza del Tribunale emessa nel 2013. Dal 2009, l’Unione Europea ha vietato il commercio di prodotti derivati, tra i quali ad esempio, le pellicce, le borse e altri accessori o la carne, per ragioni legate al benessere degli animali. Nel mercato è stata autorizzata solo la presenza di 28 prodotti in base a due deroghe: quelli riconducibili alla caccia praticata da queste comunità ai fini di sussistenza e quelli provenienti dalle catture legate”alla gestione della risorsa marittima”.
In ogni modo in questi giorni è in corso una modifica di questo regolamento che, questa settimana, sarà sottoposta alla seduta plenaria del parlamento europeo a Strasburgo e prevede di estendere il divieto ai prodotti derivati dalla gestione marittima, in linea con una decisione dell’Organizzazione mondiale del Commercio del 2014.
Si tratterebbe di un’ulteriore restrizione della normativa attuale nonostante le denunce da parte di Canada e Norvegia e l’unica deroga che rimarrà in vigore sarà per la comunità Inuit o altre comunità indigene, con alcune condizioni tra le quali: quella che prevede che da questi prodotti dipenda la sopravvivenza delle comunità, che si tratti di un’attività condotta dalla comunità per tradizione e che la pratica tenga in considerazione il benessere dell’animale.
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