Hai appena accolto in casa un pappagallo ma non sai quali malattie può trasmetterti? Ecco cosa c’è da sapere sulla psittacosi o ornitosi.
Prima di fare inutili allarmismi è bene precisare che tenere un pappagallo, un pappagallino o un canarino in casa non è sempre pericoloso per la nostra salute. E’ ovvio che il volatile debba mostrare i primi sintomi della malattia, prima di allarmarci. Una volta notati questi segnali sarà bene prendere le dovute precauzioni, capire quali sono i rischi che corriamo e come evitarli.
La ornitosi o psittacosi fa parte delle malattie dette ‘zoonosi’ ovvero trasmissibili all’uomo e in alcuni casi molto pericolose, alcune addirittura letali. Non è il caso della psittacosi, però le sue conseguenze possono portare gravi danni al sistema respiratorio.
Tale infezione è causata dal batterio Clamydia psittaci e viene trasmessa all’uomo quando questo entra in contatto diretto con le secrezioni infette del volatile, in particolare i pappagalli: feci, sangue, urine e anche secrezioni nasali. Se non si seguono le comuni norme igieniche, come quella fondamentale di lavarsi le mani dopo aver pulito tali secrezioni magari durante la pulizia della gabbia dell’animale, vi è un’alta possibilità di contrarre il virus.
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Purtroppo in alcuni casi è asintomatica e il pappagallo può mostrarsi perfettamente normale: naturalmente ciò aumenta il rischio di infezione in quanto l’uomo potrebbe essere totalmente inconsapevole del pericolo. In altri casi, per fortuna più comuni, si hanno dei chiari segnali di malattia nel volatile ed è possibile correre ai ripari prima che sia troppo tardi.
Se il nostro pappagallino non canta più come una volta ed è raro vederlo svolazzare piacevolmente all’interno della sua gabbietta, è probabile che ci sia qualcosa che non va. Sonnolenza, problemi intestinali e digestivi, difficoltà respiratorie e dimagrimento eccessivo sono i primi sintomi della malattia. Una volta colti questi segnali è importante contattare il veterinario di fiducia e fissare una visita di controllo, evitando nel frattempo ogni contatto con le feci dell’animale e le altre secrezioni.
Nel periodo di incubazione, ovvero quello dello sviluppo dell’infezione all’interno dell’organismo umano, non vi è alcun sintomo ma in realtà il batterio è già in circolo. Dopo una, ma anche due, settimane dal contagio iniziano a essere evidenti alcuni sintomi a livello respiratorio: tosse secca, affanno, sputo con tracce ematiche e apnea. Questi chiari segnali possono essere accompagnati da un senso generale di spossatezza e dolori alle articolazioni.
La prima cosa da fare è di certo chiamare il medico curante che ci indirizzerà sugli esami specifici da fare. E’ probabile che il dottore consigli una TAC del torace, una radiografia toracica e un’indagine sierologica approfondita.
Per tale infezione, che può spesso sfociare in polmonite, l’uso degli antibiotici ha dato un’ottima risposta. Dopo la cura è opportuno ripetere gli esami per accertarsi che il batterio sia stato completamente e definitivamente debellato.
Seguire le norme igieniche di base, validi per ogni tipo di animale, anche in questo caso si rivela la scelta più giusta. E’ buona norma lavarsi le mani dopo ogni contatto con feci e secrezioni dell’animale, anche quando i sintomi non sono visibili in quanto abbiamo già specificato che l’infezione può essere asintomatica.
Non solo la nostra, ma anche la pulizia dell’habitat in cui vive l’animale è estremamente importante. Quindi per eliminare quasi del tutto il rischio di contagio è opportuno prendersi cura del pappagallino, del pappagallo, del canarino e di ogni volatile che abbiamo accolto in casa. Cambiare la carta assorbente sul fondo, eliminare tracce di sporco e lavare settimanalmente la gabbia con acqua è sapone rientrano nelle ‘regole-base’ da seguire per assicurare al nostro volatile e a noi una vita sana e sicura.
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F.C.
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