Lo hanno soprannominato Pappagallo dracula, ma non ha nulla a che fare con il famoso conte, anzi si nutre solo di semi e frutti.
Pappagallo di Pesquet (Psittrichas fulgidus), conosciuto anche come “pappagallo Dracula”. Si tratta di un pappagallo, di circa 46 cm, con una colorazione nera come base del piumaggio. Proprio a causa di questo piumaggio, la caccia a questo tipo di pappagallo è piuttosto intensa, le sue preziose piume colorate, fanno gola a tutti i cacciatori.
Ma come mai è detto pappagallo dracula? Innanzitutto, pare che il suo richiamo sia a dir poco spaventoso è stato descritto come un urlo aspro e intimidatorio, che l’animale lancia spesso soprattutto quando è in volo. Insomma, non è di certo il canto soave degli uccellini con cui svegliarsi la mattina presto. In secondo luogo, i suoi colori richiamano molto quelli del leggendario Conte omonimo.
Questo uccello, molto primordiale nell’aspetto è caratterizzato dall’assenza di piume sulla maschera facciale e sulla corona e dalla colorazione grigio-nera. Questa caratteristica, combinata al becco poco ricurvo e molto allungato in avanti, rendono questo psittacide più simile ad un rapace o ad un avvoltoio che ad un vero e proprio pappagallo.
Il becco è interamente nero, l’iride rosso scura, le zampe grigie, la coda è quadrata e contribuisce a rafforzare la sua sagoma molto particolare. Davvero difficile confonderlo con altri uccelli. Nella femmina adulta, la macchia rossa dietro l’occhio non è presente come nel maschio. La femmina del pappagallo inoltre è meno dimensionata del maschio. La riproduzione di questo psittacide avviene tra febbraio e maggio. Nidifica in grandi alberi cavi, dove depone due uova che vengono covate per un mese esatto.
I giovani hanno un piumaggio più opaco rispetto agli adulti. Il pappagallo dracula è un volatile piuttosto pigro e statico, tanto da restare immobile per ore intere sullo stesso ramo. Una caratteristica buffa su questo pappagallo è che sembra incapace di arrampicarsi, infatti si muove in cima agli alberi saltando da un ramo all’altro con movimenti a scatti e piccoli battiti d’ala.
In altre occasioni, il pappagallo di pesquet ha un volo potente e veloce che è a ritmi poco profondi, alternati a voli di volo a vela e mentre vola, lancia strida molto potenti ed acute, che ricordano quelle del cacatua galerita. In natura è ancora piuttosto diffuso, la popolazione complessiva di questo pappagallo è stata stimata intorno ai 10.000 esemplari.
In passato è stato seriamente minacciato sia per la progressiva riduzione dell’habitat naturale, sia per la caccia di cui è stato tradizionalmente fatto oggetto, sia per le piume pregiate utilizzate dai nativi per adornare gli abiti da cerimonia, sia per le carni molto apprezzate.
Il pappagallo di Pesquet può essere visto eccezionalmente nelle regioni di pianura. Eppure, il più delle volte, è limitato a zone collinari, foreste di media montagna e boschi rigeneranti che hanno grandi alberi. Questo pappagallo vive spesso tra i 600 e i 1200 metri sul livello del mare, anche se a volte può salire fino a 2000 m. L’habitat naturale del pappagallo di Pesquet sono le montagne della Papua Nuova Guinea e di Irian Jaya.
Una popolazione isolata è stata individuata anche nella penisola di Vogelkop e sulle montagne dell’Arfak. Si tratta di un uccello essenzialmente frugivoro, che vuol dire che si nutre di frutta, ecco perché mangiano principalmente fichi, tra cui una specie sconosciuta con una parete esterna molto spessa. Il pappagallo di Pesquet infatti ha la tendenza ad infilare l’intera testa dentro varietà di fichi particolarmente grandi, per recuperare l’interno del frutto.
Condizione tale che è permessa dalla lingua che si presenta grande e molto carnosa, inoltre le ghiandole salivari appaiono molto più sviluppate rispetto alla media degli psittaciformi, ragione per cui l’abitudine del pappagallo a strappare grandi pezzi di polpa di frutta ed ingoiarli direttamente. Ma i fichi non sono la sua unica passione, ama cibarsi anche di altri frutti più teneri, come il mango o quelli del pandanus oltre ai fiori di nettare.
Raffaella Lauretta
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