Le infezioni da clamidia si verificano in molti animali selvatici come mammiferi, uccelli e rettili. Vediamo le cause, i sintomi e la cura della clamidia nell’uccello.
Precedentemente conosciuta come “ornitosi-psittacosi”, questa patologia colpisce il pollame e molte specie di uccelli selvatici e non selvatici. La clamidia è una malattia infettiva che di solito viene trasmessa all’uomo da uccelli appartenenti alla famiglia dei pappagalli, tacchini e piccioni.
La clamidia è stata rilevata in almeno 380 diverse specie di uccelli. I pappagalli sono spesso portatori di Chlamydia psittaci, soprattutto se catturati in natura. Questa malattia la maggior parte delle volte è silente, cioè non ci sono sintomi.
La malattia è causata da un batterio chiamato Chlamydia psittaci, che di solito si diffonde inalando polvere da materiale fecale secco, per lo più proveniente da gabbie degli uccelli o venendo a contatto con uccelli infetti nei macelli. L’uccello colpito può mantenere la sua condizione infettiva per settimane.
La malattia è causata da un batterio appartenente al genere Chlamidia, Chlamidia Psittaci. Il germe è presente negli escrementi e nelle secrezioni nasali dell’uccello. La trasmissione avviene principalmente per inalazione o ingestione di alimenti contaminati. Lo stress è un fattore che contribuisce alla ricezione della malattia.
Nell’uomo, colpito da questa infezione, i sintomi sono febbre, mal di testa, brividi e, in alcuni casi, polmonite. Nell’uccello, i sintomi includono mancanza di appetito, aspetto apatico, secrezione oculare o nasale e diarrea. In alcuni casi, gli uccelli possono addirittura morire per questa malattia.
L’incubazione della malattia (tempo che intercorre tra l’infezione e l’insorgenza dei sintomi) è estremamente variabile e varia da pochi giorni a pochi mesi o alcuni anni. È una malattia respiratoria, ma i diversi ceppi di clamidia hanno virulenze diverse che spiegano i sintomi più o meno gravi.
L’uccello malato mostra rinite e congiuntivite abbastanza gravi da non poter aprire completamente gli occhi. L’uccello tossisce, starnutisce e ha difficoltà a respirare. Le secrezioni muco-purulente compaiono negli occhi e nelle narici. Alcuni uccelli però, sono portatori sani, cioè sono in grado di trasmettere la malattia senza esternare i sintomi.
Il trattamento della clamidia nell’uccello è basato sulla somministrazione degli antibiotici, che vengono aggiunti al cibo o iniettati per via intramuscolare. Poiché questi agenti patogeni sono batteri, alcuni antibiotici possono essere terapeuticamente efficaci e utili.
Questi antibiotici includono tetracicline come la doxiciclina, i macrolidi (ad es. Eritromicina) e gli inibitori della girasi (come enrofloxacina e marbofloxacina). I trattamenti sono generalmente lunghi, difficili e spesso portano a forti infezioni che possono anche essere recidive.
Quindi il veterinario che ha in cura l’uccello, deve decidere quale terapia possa avere più efficacia. Anche la somministrazione di sulfamidici dà risultati molto buoni. Attenzione come abbiamo precedentemente accennato alle possibili recidive. Dopo una contaminazione, una disinfettazione totale dei luoghi in cui si è verificata questa patologia è assolutamente essenziale.
Poiché la clamidia reagisce agli antibiotici solo nella fase iniziale, il successo del trattamento non sempre riesce nel primo tentativo, sono pochi i casi eccezionali. In questo caso è consigliabile un nuovo trattamento, se necessario con un altro antibiotico, sempre e solo prescritto dal veterinario.
Attualmente non è disponibile alcun vaccino contro la clamidia, ma la migliore profilassi è provvedere all’igiene di base in modo scrupoloso e per qualsiasi allevamento di uccelli, voliera o gabbia.
Raffaella Lauretta
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