In natura esistono pesci elettrici: ecco quali sono, come si sviluppa, in che modo funziona e come utilizzano questa loro caratteristica.
Pesci che emanano scariche elettriche per stordire i loro simili? Gli animali elettrici non sono così rari, ma la maggior parte di essi sono pesci: infatti l’acqua è un ottimo conduttore di elettricità. Ne esistono diverse specie e popolano l’Atlantico, il Pacifico e il Mediterraneo. In particolare si tratta di 6 linee evolutive di antica origine, tanto che lo stesso Charles Darwin li portava come esempio di adattamento all’ambiente o una particolare condizione ecologica. Ecco come si sviluppa questa caratteristica e quali sono le specie ittiche con questa potente ‘arma’ difensiva.
Di pesci elettrofori, o anche elettrogenici, si contano circa 400 specie che nuotano in fiumi e laghi dell’Africa e dell’America meridionale. Di queste le torpedini però si trovano in tutti gli oceani. La caratteristica di emanare scariche elettriche, deboli o forti, può avere diversi scopi: sia difensivo, sia di caccia sia di orientamento.
Per orientamento si intende la capacità di navigare anche in acque, dove la consistenza potrebbe creare difficoltà al movimento: infatti questo sistema di elettro-ricezione consente loro di nuotare in acque fangose e scure, come quelle dei laghi. Dato che si tratta di pesci miopi le scariche elettriche servono anche ad identificare corpi estranei o prede.
Il pesce in grado di produrre la scarica elettrica più potente è l’Electrophorus electricus, o Gimnoto: vive in Amazzonia, e nei suoi 3 m di lunghezza conta tre organi elettrici. Due di essi servono alla navigazione e il terzo la usano come un’arma. La coda rilascia circa 550 volt: essa è utilizzata con pesci e rane, ma la sua potenza potrebbe annientare anche animali molto più grandi come i cavalli.
L’organo elettrico viene anche sfruttato come mezzo di comunicazione con altri simili, per nuotare o come arma per stordire le prede e difendersi da eventuali attacchi. Prendiamo un caso esemplare: l’anguilla elettrica (ben diversa dalle normali anguille che conosciamo) rilascia una scarica elettrica pari a 600 volt. La corrente passa attraverso tutti gli organi interni vicini alla testa, per questo si può dire che tutto il suo corpo è potenzialmente una scarica elettrica.
Le cellule muscolari hanno subito nel tempo un’evoluzione: da circa 100 milioni di anni i pesci elettrici hanno iniziato ad aumentare questo potenziale. In che modo? Le cellule muscolari si sono evolute in cellule electrociti: queste sono più grandi, organizzate in sequenza e in grado di produrre tensioni più importanti rispetto a quelle delle normali cellule che attivano i muscoli. L’allinearsi di queste cellule electrociti crea un accumularsi di tensioni, come se mettessimo in fila delle batterie che emettono contemporaneamente energia.
Lo studioso statunitense Michael Sussman dell’Università del Wisconsin-Madison e un team di esperti di varia nazionalità hanno fatto ricerche sui pesci elettrici e come un muscolo può trasformarsi in un organo che genera elettricità. Le sei specie di pesci elettriche si sono evolute in modo indipendentemente l’una dall’altra, ma tutte hanno utilizzato la stessa conversione cellulare per trasformare i muscoli in organi elettrici utili alla difesa, all’attacco, all’orientamento e alla comunicazione con i loro simili.
Una delle curiosità riguardo questi particolari esemplari riguarda il fatto che la carica elettrica generata da essi è molto superiore a quella di un presa domestica. La loro affascinante caratteristica è stata ‘notata’ anche dagli antichi Egizi, che addirittura sfruttavano le razze marine come rudimentale forma di elettroterapia per l’epilessia.
Diverse sono le specie ittiche con questa caratteristica: ecco quali sono le principali.
Vive nel Mediterraneo, è lungo circa 45 cm ed è anche detta ‘razza elettrica’. Gli organi elettrici si trovano ai lati della testa: il polo negativo si trova verso il ventre dell’animale, quello positivo verso il dorso, quindi le scariche elettriche partono dal ventre al dorso. La carica elettrica viene controllata dal sistema nervoso, da cui partono i fasci di nervi fino agli organi elettrici. Una volta scaricata l’energia però questi organi hanno bisogno di ricaricarsi, poiché disperdono molta energia. La scossa della torpedine ha un voltaggio di circa 50-60 volt, quindi non è pericolosa per l’uomo.
Se ne contano circa 69 specie e nuotano negli oceani Indiano, Atlantico e Pacifico e nel mar Mediterraneo. L’organo elettrico è formato da piccole cellette ammassate, distribuite sul corpo del pesce: è detto pianastrello, e consente alla torpedine di catturare le sue prede o a difendersi dai predatori. Infatti emanando la scossa si libera e si rifugia sotto la sabbia.
Dal nome latino ‘Electrophorus electricus’, essa è un pesce d’acqua dolce, appartenente alla famiglia Gymnotidae. Questo pesce genera energia elettrica grazie a muscoli che si trovano lungo i suoi fianchi. La potenza raggiungibile è pari a 600 volt. In totale ha 3 paia di organi elettrici addominali formati da cellule specializzate, dette elettrociti. I canali ionici sulla membrana degli elettrociti si aprono e in essi scorrono ioni sodio caricati positivamente: entrando all’interno della cellula la carica si inverte e si genera il campo elettrico. L’alto voltaggio raggiungibile rende questo pesce molto più pericoloso delle torpedini. Ma non è sempre necessario utilizzare una carica elettrica così forte: le scariche più lievi servono per la localizzazione e la comunicazione con i suoi simili.
Il Gnathonemus petersii (pesce elefante) ha gli ‘organi elettrici’ sulla cute, all’interno di cellule specializzate che generano singolarmente 0,14 volt e sono unite in serie con altre cellule. Con il loro radar questi pesci riescono ad orientarsi in zone di buio o in acque torbide, in modo da poter ricavare comunque informazioni sulla localizzazione. La loro proboscide permette loro di distinguere oggetti materiali e animali, e a riconoscere animali morti e vivi. Oltre a questa potente arma, il cervello li pone ai primi posti dei pesci più intelligenti di tanti altri simili.
Gli organi elettrici si trovano in prossimità delle loro fauci: i loro ricettori elettrici riescono a captare i segnali elettrici degli altri pesci che nuotano accanto a loro. Gli squali sfruttano questa dote per la localizzazione delle prede e i loro movimenti, anche al buio. La sua testa funge da radar per individuare anche le prede nascoste sotto la sabbia, proprio perché sono molto sensibili anche alle cariche elettriche più lievi.
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F.C.
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