Se abbiamo un complesso sistema di riconoscimento del pericolo è grazie alla nostra evoluzione da primati homo erectus a homo sapiens sapiens. I serpenti sono i rettili più antichi insieme ai coccodrilli e alle tartarughe. Questo spiega come nel corso dei millenni si sia radicata in noi l’abilità di riconoscere nella forma strisciante e lunga, del serpente, il pericolo. Sarebbe infatti stata fondamentale per garantire la fuga e la sopravvivenza dei primati milioni di anni fa. Ad avvalorare questa teoria, presentata già qualche anno fa, ma in cerca di conferme, è oggi uno studio pubblicato su Pnas.
I serpenti e i rettili come i coccodrilli, racconta a Science News, Lynne Isbell della University of California di Davis, uno degli autori, sono stati tra i primi e i più ostinati predatori dei primi mammiferi. Costituirono una minaccia così forte, secondo Isbell, da aver influenzato l’evoluzione stessa dei primati. La ricercatrice si riferisce a tutto questo con la teoria del “rilevamento del serpente”, proposta dalla stessa studiosa nel 2006.
A conferma della sua teoria, Isbell fa notare che nei primati che non hanno incontrato serpenti velenosi nel corso della loro evoluzione – e cita i lemuri del Madagascar – si hanno dei sistemi visivi meno complessi di quelli dei primati che si sono evoluti insieme a questi rettili, dove sono stati selezionati i tratti che permettevano loro di evitarli.
Oltre questo però di prove a supporto della teoria di Isbell ce ne sono poche. Nel tentativo di trovarne, la ricercatrice, e alcuni colleghi della University of Toyama e della University of Brasilia hanno analizzato le risposte, a livello cerebrale, di alcuni macachi alla vista di minacce rappresentate da serpenti.
La regione cerebrale presa in esame è stata quella di pulvinar che è un gruppo di neuroni che si trovano nel talamo e serve per focalizzare l’attenzione nell’ambiente circostante attraverso gli occhi. Gli scienziati hanno quindi misurato con degli elettrodi le attivazioni di questa regione nel cervello di due macachi che non avevano mai incontrato un serpente. Gli hanno mostrato diverse immagini: vari rettili, serpenti, iguane, anfibi, immagini di altri macachi con espressioni arrabbiate o meno e mani di macachi in varie posizioni. Gli scienziati hanno così scoperto che alcuni neuroni del pulvinar si attivano di più durante le foto dei serpenti, identificandoli come dei “snake-best”. Queste cellule hanno un comportamento anomalo rispetto alle altre inoltre, in particolare si attivano in modo più rapido e più frequente.
Per i ricercatori questa grande scoperta sarebbe una prova neurobiologica alla teoria del rilevamento del serpente, o meglio come un pericolo nello specifico. Rilevamento in base alla forma, dimensione e colore della minaccia. Anche se, fenomeni come l’apprendimento e la memoria, giocano il loro ruolo in questo tipo di comportamenti, concludono gli esperti.
B.M
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