Sono nulli gli esiti dell’esame del materiale genetico condotti sulle trace biologiche dell’orso che avrebbe aggredito il passante a Terlago in provincia di Trento, lo scorso 22 luglio. La notizia è stata annunciata immediatamente da Enpa con un tweet: “Senza esito esami su orso presunto aggressore. DNA analizzato insufficiente a individuare con certezza orso”.
I tecnici dei laboratori di ricerca della Fondazione Edmund Mach dovranno procedere ad una nuova analisi. I materiali usati sono quelli recuperati sui capi della vittima. La Provincia di Trento che ha già avviato la caccia all’orso ha rassicurato sul fatto che i risultati dei nuovi esami saranno noti a breve.
Nell’area dell’aggressione intanto sono state posizionate tre trappole di cui due a tubo e una trappola a laccio. Sul posto sono presenti squadre della forestale armata di fucili narcotizzanti in un’attività di monitoraggio.
Secondo le indiscrezioni, il dna che sarà estratto dai reperti verrà confrontato con quello presente nel database dalla mappatura genetica degli orsi sul territorio. Oppure, come riporta Ansa, è possibile che possa essere confrontata anche con gli esemplari che saranno catturati nel frattempo.
Aspro il confronto con le associazioni che chiedono che sia tutelato l’orso. L’Ente protezione animali (Enpa) ha raccolto oltre 65mila firme e la protesta mailbombing avrebbe ottenuto circa 210mila adesioni. L’ente nazionale di protezioni animali in una nota ha dichiarato che la situazione è assurda: “Siamo sospesi tra il surreale e il paradosso perché abbiamo una condanna ma non un colpevole. C’è, infatti, un ordine di cattura ma non si capisce bene contro chi debba essere eseguito, visto che, come detto, ad oggi nessuno sa quale esemplare avrebbe posto in essere l’aggressione”.
Sul tema della presenza degli orsi vi sono diverse posizioni divise tra i sostenitori del progetto Life Urusus, quello europeo di reinserimento dell’orso e coloro che criticano il modo in cui è stato ideato e gestito. In un’intervista a ildolomiti.it , l’ex presidente della Provincia, Carlo Andreotti che decise di aderire nel 1996, al progetto Life Ursus, ha lui stesso evidenziato delle incongruenze. Andreotti ha ricordato che all’epoca quando erano rimasti solo 4 esemplari nel Brenta, “l’obiettivo di questo progetto non era tanto quello di reintrodurre l’orso sul territorio ma evitare che questo scomparisse”. Secondo l’ex presidente provinciale, il progetto è sfuggito di mano e gli esemplari non sono stati monitorati o controllati in modo adeguato: “Se la proliferazione degli orsi fosse stata sotto controllo non si sarebbe mai arrivati alle conseguenze che sentiamo oggi, dove si parla di 60 e certi dicono addirittura 90 orsi. Non capisco poi per quale motivo abbiamo un orso aggressivo come KJ2 che se ne va in giro pacifico da alcuni anni e non si sia riusciti a bloccarlo o individuarlo”, ha poi concluso Andreotti.
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