Mediterraneo, tartarughe a forte rischio estinzione: ogni anno ne muoiono almeno 40.000

Mediterraneo, tartarughe a forte rischio estinzione: ogni anno ne muoiono almeno 40.000

©Getty

Le tartarughe stanno rischiando grosso: secondo uno studio di WWF Italia soltanto nel nostro paese gli esemplari di Caretta Caretta si trovano sempre più esposte al rischio estinzione. Eppure si tratta di animali il cui ruolo risulta essere fondamentale nell’ecosistema marino. Nel bacino del Mar Mediterraneo proprio le tartarughe Caretta Caretta rappresentano la specie più diffusa, ma il fatto che il loro nome faccia parte della ‘lista rossa’ la dice lunga. Isabella Pratesi, rappresentante del WWF Italia, fa sapere che negli ultimi anni è salita la percentuale di casi nei quali i volontari del celebre movimento animalista hanno effettuato ritrovamenti di nidi. E’ ben nota l’abitudine di questi animali di depositare le proprie uova in spiaggia, dove poi si schiudono.

Ed i nuovi nati si dirigono subito in maniera istintiva in mare. I teatri dei ritrovamenti di nidi di tartarughe Caretta Caretta sono soprattutto le spiagge di Sicilia, Sardegna, Calabria, Campania, Puglia, Lazio e Toscana, oltre che in misura minore in Abruzzo e Marche. Purtroppo l’aumento dei nidi non indica un corrispettivo tasso verso l’alto della crescita demografica di tartarughe. Infatti i pericoli per questi rettili dall’aria bonaria sono rappresentati dalla pesca, casuale o mirata, ed in quest’ultimo caso spesso indiscriminata. Si stima che circa centocinquantamila tartarughe vengano raccolte da ami e reti, con quarantamila di esse destinate a morte istantanea.

Infatti nel cambio repentino dalle profondità marine alla superficie, questi animali sono soggetti ad un forte impatto traumatico, simile a quanto potrebbe avvenire ad un sub che cambia ambiente senza la dovuta decompressione. E poi ci sono materiale e strumentazioni vietate per la pesca che però vengono utilizzate lo stesso, come le reti di nylon, molto pericolose perché provocano lesioni interne assai gravi alle tartarughe. Allo stesso modo risultano nocivi i materiali in plastica derivanti dall’inquinamento delle acque: le tartarughe tendono ad ingerire oggetti di questo materiale perché li scambiano per meduse od altri organismi che fanno parte della loro dieta abituale.

E non dimentichiamo il riscaldamento degli oceani, dovuti all’aumento della presenza di anidride carbonica nelle acque. La cosa provoca malattie a volte anche senza rimedi. Infine un altro fattore di criticità è la progressiva sparizione dei tratti di spiaggia libera: gli ambienti dove le tartarughe nidificano possono essere condizionati negativamente dai bagliori delle luci artificiali, con le neonate tartarughe che tendono a scambiare l’illuminazione di case e strade per i bagliori notturni del mare. Ed una ulteriore cattiva notizia è rappresentata dalla riduzione dei fondi per la ricerca e l’intervento in favore di questi animali, cosa che è avvenuta in molte altre parti del mondo.

Bisognerebbe invece impegnarsi di più per preservare le tartarughe, che già di loro attraversano una fase di mortalità naturale molto elevata nei loro primi anni di vita. Il progetto ‘Euroturtles’ che coinvolge Italia, Grecia, Cipro, Malta, Croazia e Slovenia si prefigge di monitorare quanti più esemplari possibili e di preservali attraverso la creazione di aree protette con anche il supporto delle comunità locali, e farà uso anche di apparecchiature moderne. La Pratesi conclude sottolineando come potrà essere importante l’apporto dei cittadini in questo.

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