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Lo squalo bianco trovato morto in spiaggia: la verità è terribile

Ancora uno squalo bianco, il quarto in poco tempo, è stato rinvenuto morto sulla spiaggia Dias di Mosselbaai, una cittadina a sud di George, in Sudafrica. L’esemplare, una femmina di 3 metri e venti, non presentava però ferite riconducibili a orche, al contrario di quanto avvenuto nei giorni scorsi. Enrico Gennari di Oceans Research ritiene invece che stavolta nel decesso dello squalo c’entri l’uomo.

Nessun trauma è stato infatti evidenziato nelle foto diffuse in queste ore, se si escludono le due serie di ami che ancora pendevano dalla mascella del mammifero.

“Lo squalo è stato probabilmente vittima di un tentativo di pesca da parte di qualcuno. L’episodio è grave. Lo squalo bianco è una specie protetta”, ha spiegato Enrico Gennari, che poi ha proseguito: “L’animale, prima del tentativo di cattura, era in ottime condizioni. Le analisi che misurano lo stress e il fatto che nel suo stomaco ci fosse un leone marino tagliato in tre parti, sono a dimostrarlo. Gli ami, prosegue, erano due, uno conficcato nella mascella, l’altro nello stomaco”.

Il dottor Gennari ha infine evidenziato: “Credo che sia andata così: qualcuno, chissà per quale motivo, ha preso all’amo lo squalo durante la notte. La lotta per la sopravvivenza che lo squalo ha ingaggiato è stata talmente dura da farlo soccombere. Quella di oggi è, senza dubbio, una grave perdita”.

Lo squalo bianco viene considerato specie protetta in Sudafrica sin dal 1991 e i bracconieri che si avventurano nella loro cattura rischiano fino a cinque anni di carcere. Ne sa qualcosa Leon Bekker, che fu il primo “cacciatore di squali bianchi” a essere processato e che qualche tempo fa è stato condannato per bracconaggio.

Purtroppo il rischio bracconieri non è l’unico pericolo che corrono gli squali bianchi: è molto diffuso lo ‘shark finning’, ovvero la triste pratica di amputare le pinne degli squali. E siccome la loro carne non è molto richiesta, gli stessi vengono rigettati in mare, ma senza più alcuna possibilità di poter sopravvivere.

‘Silence of the Sharks’ è una campagna sorta apposta per sensibilizzare l’opinione pubblica su questa atrocità, lanciata da David Pilosof, un fotografo di fondali sottomarini. Il fotografo fa notare che gli oceani senza gli squali sarebbero invivibili, perché si creerebbe uno squilibrio immane nella catena alimentare che è da loro regolamentata.

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Gabriele

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