Chiara Collizzolli nasce da una famiglia di allevatori che produceva carne di suini. Una famiglia che attraverso gli anni, confrontandosi con la crudeltà quotidiana alla quale erano costretti i maiali ha iniziato a cambiare e attraverso la sensibilità ha modificato il suo approccio arrivando a scelte che per molti potrebbero essere “radicali” ma che per altri sono unicamente guidate dal buon senso. E’ quanto ci lascia intuire Collizzolli, in un’interessante intervista rilasciata a Border Nights, nella quale racconta il personale percorso imprenditoriale che l’ha portata da allevatrice di animali a imprenditrice vegana, arrivando ad avviare la propria azienda nel 2014, Artigiana Vegana, con la quale produce prodotti senza ingredienti o derivati animali, strettamente vegani. Il tutto nasce dalla passione per la mozzarella, per cui la stessa Collizzolli ha cercato di creare un facsimile del formaggio senza derivati animali.
La Collizzolli spiega quanto sia stato difficile il percorso tanto più di fronte ad una difficoltà legata prevalentemente ai luoghi comuni per i quali “la carne fa bene alla salute”. Grazie ad un viaggio in India, l’imprenditrice spiega di aver preso coscienza di come la maggior parte della popolazione, al di da là delle classi povere, fosse in realtà vegetariana e che migliaia di persone erano in perfetta salute. La scelta vegetariana arriva poco dopo dal 1992 agli anni 2000 fino a quando, la Collizzolli non decide di diventare del tutto vegana: “Mi sono chiesta se uccidere, macellare e mangiare animali fosse davvero fondamentale per la salute”, sottolinea la Collizzolli.
Quello che denuncia l’ex allevatrice è la catena intensiva e le condizioni in cui sono costretti gli animali a vivere, la crudeltà di un sistema competitivo che obbliga gli allevatori a ridurre i costi. Anche i derivati stessi contribuiscono alla catena degli orrori. Infatti viene ricordato come la maggiore produzione del latte derivi dagli allevamenti intensivi ma come anche negli estensivi, la mucca deve essere regolarmente messq incinta con l’inseminazione artificiale per produrre il latte: “Nell’intensivo il vitello viene tolto dalla madre immediatamente, per essere svezzato e poi macellato. Anche se negli estensivi il vitello viene lasciato per tutta la fase dello svezzamento vicino alla madre, alla fine viene comunque ucciso”, ribadisce la Collizzolli, ricordando che “purtroppo nessun allevatore a livello di produzione può sostenere il costo del vitello”.
“Per anni visto che m’intendevo solo di maiali non riflettevo sul sistema intensivo collaterale alla mucca. Adesso l’informazione ci mostra la verità. Basta guardare uno di quei video diffusi in rete, si rimane davvero shoccati”, dichiara l’imprenditrice.
Stesso scenario per gli allevamenti con le galline ovaiole. Anche se in questo caso una gallina potrebbe non essere uccisa e morire di morte naturale producendo le uova, purtroppo il sistema intensivo con le gabbie ma anche quello degli allevamenti a terra con animali stipati in grossi capannoni costretti a vivere in condizioni igenico sanitarie deplorevoli, crea una dimensione di crudeltà senza pari. .
“Quando penso a quello che faceva la mia famiglia mi sento mortificata perché i maiali sono intelligentissimi, hanno una capacità emotiva che l’uomo medio non conosce. Sono esseri con una capacità d’interazione e di comunicazione meravigliosa. Se tenuti in buone condizioni sono animali pulitissimi e vengono costretti a stare in condizioni inaccettabili. l’italiano non è al corrente delle crudeltà nell’intensivo e l’allevatore lo fa per abbattere i costi per stare sul mercato, la tragedia è che l’occidentale medio è abituato a comprare carne e derivati ad un prezzo bassissimo e chi ne fa le spese maggiori è l’animale” denuncia la Collizzolli, ricordando anche come la legge acconsenti al sistema di castrazione dei cuccioli di suini, fatto senza anestesia da persone inesperte per mantenere i costi competitivi per cui c’è un’elevata mortalità.
Tuttavia, in base ai dati, il sistema sembra premiare le scelte etiche e negli ultimi anni, i vegani sono aumentati dall’1% al 3%. La produzione di massa si sta muovendo per rispondere alle richieste e questo settore che a differenza degli altri settori nel mercato alimentare non ha conosciuto la crisi, anzi, al contrario è aumentato del 18%.
“Il mercato alimentare è saturo. Tra i settori che sono in aumento vi è proprio il vegano che nella grande distribuzione ha registrato un aumento del 18%. Si tratta di una possibilità di business che fa si che sempre più aziende si lanciano nel settore e alimenta la scelta e al contempo l’orientamento delle persone, innescando un circolo virtuoso e che secondo me produrrà buoni risultati”, assicura la Collizzolli.
La scelta animalista ha anche delle conseguenze sulla salute e questo potrebbe portare anche ad una riduzione dei costi nel settore della sanità pubblica. Secondo le previsioni dell’imprenditrice, da qui a cinque anni sarà molto più facile per le persone optare per la scelta vegana in quanto ci sarà maggiore offerta sul mercato.
Eppure ci sono ancore molti limiti dettati soprattutto dagli interessi economici dei produttori che scatenano delle vere e proprie battaglie pubblicitarie di contro informazione come le ormai note lotte tra carnivori e vegani sui social. Addirittura, ci ricorda la Collizzolli, l’Ue ha vietato ai produttori di alimenti vegani di usare termini come latte, carne, affettati o formaggio. Ovvero termini che ricordando alimenti di derivazione animale: “Diventa complicato perché non sai come spiegare alle persone che tipo di prodotto fai, senza utilizzare termini alimentari derivati da significati coniati dalla produzione animale”.
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