“Per i turisti e i fotografi naturalisti, la ragione per cui recarsi a Svalbard è di vedere gli orsi polari. E spesso, lo ammetto, li troviamo: sono degli orsi bellissimi, fotogenici, intenti a giocare o a cacciare. Di primo acchito, tutto sembra come è sempre stato, ovvero che si tratta di una delle popolazioni di orsi polari più facilmente accessibili e protetteti, secondo quanto dicono gli scienziati”, scrive il fotografo.
Ma Langenberg denuncia che la situazione dipinta come idilliaca è molto differente dalla realtà e si chiede se veramente si stia facendo tutto per preservare quella popolazione di orsi, sottolineando che, mai come prima, le estati in quel luogo sono diventate gradevoli e di vedere ogni anno i ghiacciai ritirarsi di centinaia di metri.
“Vedo la banchisa che sta scomparendo a velocità record. Ho visto degli orsi in salute, ma ne ho visti anche molti che sono morti di fame e orsi polari affamati che camminano lungo le rive, in cerca di cibo. Orsi che cercano di cacciare le renne, mangiano uova, muschio di uccelli e alghe”, ha spiegato il fotografo.
“Mi sono reso conto che gli orsi grassi sono quasi esclusivamente i maschi che rimangono sulla banchisa tutto l’anno. Le femmine, al contrario, sono magrissime. Con la banchisa ristretta che si spinge sempre più a nord, le mamme tendono a rimanere bloccate sulle terra e nel primo anno perdono il loro primo cucciolo, mentre l’anno seguente, muore il loro secondo cucciolo. Solo poche volte ho visto delle femmine in forma con al massimo un cucciolo grasso. Nella maggior parte dei casi, le femmine sono magrissime, come l’esemplare che ho fotografato. Una femmina ridotta come uno scheletro, con problemi alla zampa anteriore, che vagava sulla banchisa nel disperato tentativo di cacciare un tricheco. Ma lei, era bloccata a terra
Langenberger ha poi aggiunto che alcuni ricercatori sostengono che la popolazione delle Svalbard sia stabile, anche in aumento. Ma il fotografo si è poi chiesto come può una popolazione essere stabile se ci sono sempre meno femmine con cuccioli. Inoltre, il fotografo smonta le affermazioni degli esperti: come si può affermare che si stanno impegnando nella loro salvaguardia, laddove l’indice corporeo è a 2 su una scala di 5 e se scende all’1, gli orsi sono condannati a morte?
“Non ho dati scientifici, tutto questo è frutto delle mie osservazioni, dei miei occhi e della mia mente per arrivare a delle conclusioni: il cambiamento climatico sta compromettendo la regione artica”, ha rilanciato il fotografo, chiedendo che s’intervenga il prima possibile per invertire la rotta e il destino di questi animali, lanciando un appello finale:
“Forse non siamo in grado di salvare l’orso in questa fotografia. Ma ogni piccola azione che facciamo per cambiare i nostri modi è un passo nella giusta direzione Non ci resta che iniziare e andare avanti”.
Il prossimo 30 novembre si aprirà a Parigi l’attesissimo summit Cop21 sui cambiamenti climatici, nell’ambito del quale le potenze mondiali sono chiamate a stabilire un’agenda programmatica per limitare i cambiamenti. Nel Summit sono rivolte tutte le aspettative di chi spera in un reale cambiamento (clicca qui).
Nell’arcipelago Svalbard sono presenti circa 3mila orsi polari su una popolazione mondiale di 20mila. Oggigiorno vi è un ampio dibattito sul destino degli orsi e vi sono scienziati di pareri opposti: quelli che denunciano un destino compromesso per gli orsi, mentre altri scienziati sostengono che la popolazione degli orsi polari è stabile.
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