Una bella riflessione del filosofo ed etologo Roberto Marchesini estratta dall’ultimo saggio “I genitori adottivi dell’essere umano” e pubblicata sulla rivista Animal Studies “Animali Totem”, n°18, ci porta ad esplorare il significato profondo che porta l’uomo ad essere affascinato da alcuni animali come lupi o gli orsi e che in parte possono essere definiti totemici. L’animale totem in diverse culture riveste un ruolo fondamentale nella crescita dell’individuo e in molte popolazioni, alcuni animali hanno avuto un significato specifico che potrebbe essere ricollegabile con la sfera spirituale.
Quello che Marchesini esplora è il ruolo esistenziale che hanno rivestito questi animali da un punto di vista della proiezione del nostro essere in essi. Ovvero, secondo Marchesini, gli animali hanno generato nell’uomo nuove dimensioni ontopoietiche. L’osservazione del loro comportamento, la loro bellezza, la loro natura, il loro carattere ma anche la bellezza o il timore che ci trasmettono hanno provocato sentimenti e da un punto di vista fenomenologico, hanno portato l’uomo ad una crescita esistenziale attraverso l’ispirazione e l’introiezione.
“La proiezione nel volo che ha dato vita a così tante predicazioni culturali è sicuramente frutto del desiderio, dell’inquietudine, dell’empatia e della capacità declinativa dell’essere umano, ma non è comprensibile senza la controparte epifanico-esemplificativa degli uccelli”, scrive Marchesini, sottolineando che “il volare, la levità nella danza classica, la figura della dimensione angelica sono incomprensibili facendo esclusivo riferimento all’essere umano, anche nei termini di entità desiderante, perché tali dimensioni predicative sorgono in virtù di un incontro epifanico, vale a dire di una rivelazione che all’essere umano viene offerta da un’alterità. Le predicazioni di cui sopra sono pertanto incomprensibili senza il contributo rivelativo degli uccelli”.
Un processo che nei millenni e attraverso diverse culture e in ogni angolo del mondo ha condotto ad un progresso esistenziale dell’uomo. Tanto che, in molte culture anche sciamaniche, l’uomo doveva entrare nelle percezione di un dato animale se voleva trarne la forza o una qualità.
Marchesini esplora il significato ontopoietico ovvero la proiezione che gli animali hanno avuto all’interno della dimensione “ontologica” ovvero quella dell’essere: “Queste specie rappresentano, a tutti gli effetti, una sorta di genitori adottivi dell’essere umano (…) Sono proprio questi abiti alieni, spesso contrastanti con la stessa dotazione filogenetica dell’essere umano, con la sua morfologia e con il suo habitus espressivo e comportamentale, ad aver inaugurato processi decentrativi, vere e proprie prese di distanza rispetto alla condizione naturale o di gravitazione specie specifica”.
Ovvero, l’animale ha fatto scoprire all’uomo una dimensione dell’alterità dentro la quale proiettarsi e scoprire altre dimensioni esistenziali, percepirle e inglobarle: “Per l’uomo del Paleolitico, l’alterità animale rappresenta in modo preclaro il senso del sublime, il luogo del thaumatos, sia in termini di meraviglia sia in quelli di paura. L’animale è la vertigine, è ciò che sovrasta, è il principio del sacro. Alla sua fonte l’essere umano disseta la propria inquietudine desiderante, appropriandosi delle diverse virtù presenti nel catalogo zoomorfo e diventando egli stesso l’iperanimale inclusivo, un’entità distesa in modo orizzontale tra le altre specie e più di ogni altra instabile nei propri panni filogenetici”.
Nella sua riflessione Marchesini si sofferma su alcuni animali che “con più frequenza l’essere umano trova lungo il suo itinerario di vita; tra questi, ricordo l’orso e il lupo, due specie straordinariamente prossime, empaticamente immedesimative ed epifaniche per una serie di caratteristiche. Entrambi condividono con l’essere umano la tendenza onnivora di ricerca e rappresentano dei competitori naturali della nostra specie”.
Ogni specie dona all’uomo delle risposte e per similitudine offre la possibilità proiettiva: “L’orso ricorda una prossimità-fratellanza perché assume posizioni verticali e bipedi e perché abitante le grotte frequentate dagli uomini, mentre il lupo per la complessa struttura sociale e per i comportamenti collaborativi tanto nella caccia quanto nella difesa del territorio. Orso e lupi divengono così i genitori adottivi più importanti per l’essere umano del tardo Paleolitico e del Mesolitico”.
Tuttavia, ci sono altri animali che hanno ispirato l’uomo dall’eleganza dei felidi, alla regalità del leone, alla bellezza del ghepardo o alla facoltà mimetica.
Lo stesso vale per i movimenti, la grazia, la velocità e le forme nello spazio. Ma anche i suoni che hanno suggerito all’uomo la musicalità o i loro corteggiamenti. Qualità che hanno ispirato e alimentato arricchendolo, l’essere umano: “ciò si traduce in mitopoiesi, in musica, in precetti religiosi, in danza e non da ultimo in tecnologia”, sottolinea Marchesini.
Un saggio da non perdere.
C.D.
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