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Encefalitozoonosi nel coniglio, che cos’è? Sintomi, rischi e possibile terapia

Quando gli animali non stanno bene a volte non è semplice capirne il perché. Cos’è l’encefalitozoonosi nel coniglio e quali rischi comporta?

(Foto da Pinterest)

Semplicemente osservando il comportamento del nostro coniglio, potremmo notare qualcosa di strano. Ovviamente è bene sempre recarsi subito dal veterinario per qualsiasi dubbio, onde evitare i rischi peggiori di qualsiasi malattia. Ci sono patologie, infatti, non facilmente diagnosticabili perché presentano sintomi generici. Che cos’è l’encefalitozoonosi nel coniglio, e qual è la possibile terapia?

Encefalitozoonosi nel coniglio

Sappiamo che ogni animale, compreso l’uomo, se non ben supportato da un ottimo sistema immunitario può essere maggiormente esposto alle malattie.

(Foto da Pinterest)

Lo stesso vale per il coniglio, ormai animale domestico a tutti gli effetti e con sue esigenze specifiche, soprattutto alimentari.

L’encefalitozoonosi è una malattia causata da un parassita, l’Encephalitozoon Cuniculi: è detto parassita perché ha bisogno per forza di una cellula che lo ospiti per potersi moltiplicare.

Il problema di questo microrganismo è che è dotato di spore, delle forme cellulari che donano resistenza al parassita, favorendone la trasmissione: trasferiscono il loro materiale genetico alla cellula ospite promuovendone così la moltiplicazione.

Al loro interno si trova il microorganismo ed è proprio grazie alla spora che può resistere a condizioni ambientali sfavorevoli ed infettare il primo ospite che trovi.

Ne vengono colpiti soprattutto i conigli, ma anche uccelli, roditori, cani, gatti e stesso l’uomo possono ammalarsi di encefalitozoonosi.

Senza dubbio i soggetti più a rischio sono quelli il cui sistema immunitario è compromesso ed abbiano già una patologia come severa come l’AIDS.

Responsabile della trasmissione della malattia sono le spore: vengono eliminate nel coniglio tramite le urine.

Ne sussegue che tutto ciò che venisse a contatto con le urine infette ne sarebbe contaminato: ingerire cibo contaminato dalle urine equivarrebbe ad attaccarsi la malattia.

Il patogeno è in grado di attraversare anche la placenta; alla nascita i coniglietti potrebbero già avere l’infezione in atto: ad essere colpito sarebbe il cristallino del feto.

Dopo un mese circa dal contagio il coniglio è già in grado di eliminare spore tramite le urine e quindi contagiare a sua volta.

In realtà è possibile un contagio anche attraverso il sangue, la trachea ed il liquido contenuto sia nell’occhio che nel cervello.

Uno dei sintomi più evidenti dell’infezione nel coniglio è il fatto che tenda ad inclinare la testa da un lato: l’encefalitozoonosi è detta anche “testa ruotata”.

Gli organi maggiormente colpiti dalla malattia sono:

  • Cervello: alcune lesioni al sistema nervoso centrale provocherebbero mancanza di equilibrio (sindrome vestibolare). Non solo il coniglio farebbe fatica a tenere testa dritta e corpo eretto, ma arriverebbe ad avere paralisi e convulsioni. Non sono rari episodi di aggressività.
  • Reni: nonostante senta il bisogno di bere e faccia tanta pipì, mostra insufficienza renale; ne deriva non solo una debilitazione generale dell’animale, letargia, anemia, disidratazione ma anche una successiva insufficienza cardiaca, con rischio di esito fatale.
  • Occhi: già in gestazione il cristallino potrebbe essere colpito dal parassita, per poi sfociare in cataratta; sono stati riscontrati anche casi di uveite facoclastica­­­ ed ipopion.

Il fatto che molti sintomi possano essere riferibili a molte altre malattie, tumori compresi, rende questa patologia infettiva non diagnosticabile facilmente.

Questo comporta il fatto che si perda tempo nella ricerca di una causa specifica dei sintomi e, purtroppo, a volte si può arrivare tardi.

Anche l’uomo potrebbe essere contagiato dal proprio coniglio: particolare attenzione va riservata per chi già fosse immunodepresso o immunodeficiente.

Per sapere con sicurezza di essere stati contagiati occorrerebbe ricercare, attraverso un’analisi del sangue, gli anticorpi contro l’Encephalitozoon Cuniculi.

È anche vero, però, che questo ci dice soltanto che si è venuti a contatto col parassita: non significa avere la malattia in atto ma solo essere sieropositivi.

Ciò perché, a volte, grazie ad un eccellente sistema immunitario la malattia può aver fatto il suo corso ed aver avuto una risoluzione.

La conferma di non avere la malattia o non averla più ci viene data sia dai ripetuti valori negativi degli anticorpi anti E. Cuniculi che dai valori della proteina C.

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Possibile terapia e consigli

Senza dubbio chi avesse ottime difese immunitarie sarebbe più coperto ed avrebbe anche la possibilità di contrarre la malattia e superarla senza sintomi e complicazioni.

(Foto da iStock)

Laddove dovessimo notare che il nostro coniglio perde equilibrio, è inappetente e non si comporta come al solito dovremmo subito portarlo dal veterinario.

Sono sintomi generici, potrebbe essere non per forza una encefalitozoonosi, ma è meglio essere certi di poterla escludere.

Diciamo che non esistono farmaci specifici che vadano a curarne la causa, per questo il medico probabilmente opterà per una cura antibiotica in associazione ad un’altra antiparassitaria.

Se fosse un coniglio anziano ad avere contratto la malattia sarebbe più rischiosa per lui: i suoi organi faticherebbero a combattere il patogeno e contemporaneamente a metabolizzare i farmaci.

È consigliato, a chi volesse prendere con sé un coniglio, tenerlo per qualche giorno isolato e valutarne i comportamenti: molte sono malattie che si contagiano proprio negli allevamenti.

Agli esordi della malattia, l’encefalitozoonosi può essere confusa con la pasteurellosi nel coniglio: perciò inizialmente la terapia è generica; occorre monitorare il suo evolversi.

Un altro sintomo, anch’esso fuorviante nella diagnosi dell’encefalitozoonosi, è il vomito nel coniglio: siccome può avere tante cause, è sempre bene far caso all’insorgere di altri sintomi in contemporanea.

La risoluzione della malattia dipende tanto da come il coniglio riesca a reagire: un segnale positivo è sicuramente quello di continuare ad alimentarsi.

Durante la terapia il veterinario ci consiglierà quali cibi andare ad introdurre nella sua dieta e quali evitare: alcuni potrebbero sovraccaricare i reni e peggiorarne la funzionalità.

Un altro consiglio da tener presente è quello di provvedere ad una corretta disinfezione della gabbia e di tutto ciò con cui possa avere a che fare il coniglio.

E qualora si avesse il dubbio di essere stai contagiati è bene rivolgersi ad un infettivologo: quasi sicuramente prescriverà una terapia preventiva con albendazolo o febendazolo.

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Facciamo attenzione ad i primi campanelli di allarme: testa storta, occhio con patina bianca e frequenza ad urinare e bere spesso.

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S. A.

Stefano

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