Una sentenza della Cassazione (n.30177) ha sancito che anche gli astici e aragoste soffrono se conservati in modalità inappropriate e che pertanto si tratta di reato di maltrattamento animali come previsto dall’articolo 727 del codice penale.
E’ la conclusione di un iter processuale nel quale un ristoratore di Campi Bisenzio che conservava i crostacei sotto ghiaccio e con le chele legate è stato condannato in via definitiva. La Cassazione ha così confermato la sanzione per 5mila euro, nonché il risarcimento danni alla Lav, stabilita dal tribunale di Firenze.
Nella sentenza la Cassazione ha sottolineato che “non può essere considerata come una consuetudine socialmente apprezzata detenere questa specie di animali a temperature così rigide, tali da provocare sicure sofferenze”, evidenziando nelle motivazioni che ci sono “sistemi più costosi”, per conservarli in maniera adeguata.
Il titolare del ristorante si è difeso che si tratta di un sistema di conservazione legato alla provenienza degli animali che arrivano dall’America in cassette di polistirolo adagiati sul ghiaccio con le chele legate e che vengono cucinati lo stesso giorno del loro arrivo.
Il ricorso del ristoratore è stato respinto dalla Cassazione che “ha ritenuto inammissibile il ricorso del ristoratore”, spiegando che “solo negli ultimi anni diverse ricerche abbiano portato una parte della comunità scientifica a ritenere che i crostacei siano essere senzienti in grado di provare dolore e pure in assenza di precedenti giurisprudenziali”.
Nella sentenza, il giudice ha poi indicato varie modalità di conservazioni dei crostacei in attesa di essere cotti: acquari a temperatura e ossigenati che vengono tra l’altro utilizzati “non solo nei ristoranti più importanti, ma anche nei supermercati della grande distribuzione”.
Per la Cassazione vi è una “sensibilità nella comunità ” che porta ad “accorgimenti più complessi ed economicamente più gravosi” ma che “accoglie gli animali in modo più consono”. Per quanto riguarda il cucinarli vivi, la Cassazione non ha ritenuto il reato di maltrattamento animali in quanto “la particolare modalità di cottura può essere considerata lecita proprio in forza del riconoscimento dell’uso comune”.
“La condanna a carico del titolare del ristorante confermata dalla Corte di Cassazione si fonda ormai su dati scientifici inconfutabili: i crostacei sono in grado di provare dolore e di averne memoria, modificando così il loro comportamento. Pertanto la detenzione di tali animali vivi a temperature prossime allo zero e con le chele legate configura un reato”, ha commentato la Lav.
I due legali della Lav che hanno seguito il processo hanno pertanto ricordato che si tratta di “una sentenza esemplare e potrà produrre due effetti”, precisando che “le forze di polizia dovranno intervenire in seguito alle denunce di cittadini e associazioni per le diffusissime, analoghe situazioni nelle pescherie e nei supermercati, situazioni considerate finora normali, mentre il Parlamento dovrà emanare una norma di chiaro divieto”.