Più volte negli ultimi anni è stata annunciata l’approvazione di una legge che dispone il divieto di uso di animali al circo: ecco perché non è ancora in vigore.
Giunti ormai quasi al termine del 2020, sono circa 2000 gli animali che vengono ancora impiegati nei circhi. Un numero sicuramente minore rispetto al passato, considerando l’orientamento predominante favorevole all’introduzione di un totale divieto di utilizzano di animali per gli spettacoli circensi. La legge, annunciata più volte, non è ancora entrata in vigore.
Il circo è solo uno, anche se il più noto, dei tanti spettacoli tradizionali che affondano le proprie radici nella cultura secondo cui la vita di un animale debba essere asservita totalmente all’essere umano, anche per il suo mero divertimento. Ed allora l’animale è costretto a passare la sua vita in una gabbia e a vivere contro natura.
Il suo posto è all’interno del proprio naturale con i suoi simili. Invece, in uno spettacolo circense, diviene un lavoratore non pagato, che perde totalmente la sua libertà ed è costretto ad eseguire esercizi che ha dovuto imparare attraverso addestramenti non rispettosi della sua dignità dell’animale, e che nella maggior parte dei casi si basano su paura e punizioni.
Sull’onda di una crescente indignazione per le sorti degli animali all’interno dei circhi, il Parlamento aveva approvato la L. 22 novembre 2017. n. 175, rubricata come “Disposizioni in materia di spettacolo e deleghe al Governo per il riordino della materia”.
Con la suddetta disposizione l’organo legislativo ha attribuito al Governo la delega ad adottare uno o più decreti legislativi per il riordino (e la modifica) della materia dello spettacolo; tra i vari obiettivi il graduale superamento dell’utilizzo degli animali nelle attività circensi.
Tutto ciò, tuttavia, non è avvenuto. Il Governo poteva esercitare il potere delegato entro il termine di 12 mesi; termine che vanamente è scaduto, senza che fosse stato emanato alcun decreto legislativo che sancisse il divieto all’utilizzo degli animali nei circhi.
L’iter legislativo dovrà dunque iniziare da capo. Il 15 gennaio 2020 la Commissione cultura del Senato ha presentato un nuovo disegno di legge su un circo senza animali, che si propone di introdurre un divieto assoluto sul loro utilizzo. Ad oggi, però, è ancora lontana l’approvazione della legge che trasformi questo proposito in realtà.
I circhi itineranti incontrano sempre più resistenze. Non solo a livello di pubblico, sempre meno numeroso, visto anche che il 70% degli italiani si professa favorevole al divieto ai circhi che utilizzino animali.
Anche le amministrazioni territoriali, in particolare quelle comunali, si fanno promotrici di iniziative regolamentari volte a contrastare il fenomeno delle attività circensi che utilizzano animali. Molti sono i comuni (tra i tanti, ad esempio, anche Milano) ad aver adottato regolamenti comunali che vietano gli spettacoli circensi che sfruttano animali selvatici.
Ma spesso questo non basta: in assenza di una normativa nazionale, i regolamenti e le ordinanze comunali sono impugnate presso il Tar, il più delle volte ottenendo un risultato favorevole e dunque il lasciapassare. Ad oggi, la normativa di riferimento, rimane la vetusta L. 18 marzo 1968, n. 337.
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Considerando la legislazione penale in favore degli animali, emerge ancor di più la contraddizione dell’assenza di un divieto assoluto ai circhi che utilizzano gli animali, sempre più osteggiati anche dal senso comune. Tra i reati non vi sono solo l’abbandono e il maltrattamento degli animali.
L’art. 544 quater c.p. punisce chiunque organizza o promuove spettacoli o manifestazioni che comportino sofferenza per gli animali. Perché dunque il circo con gli animali non è vietato? L’eccezione alla norma penale è prevista dall’art. 19 ter delle disposizioni di attuazione del codice penale, che stabilisce che tale normativa non si applica, tra le altre, alle attività circensi.
Anche per questo è fondamentale l’approvazione di una legge nazionale che introduca una volta per tutte il divieto ai circhi che sfruttano la vita e la libertà degli animali.
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Antonio Scaramozza
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