Distruggere i nidi di rondine è reato? E se sì, quale pena rischia il colpevole? Ecco che cosa stabilisce la legge.
Come noto ai più, distruggere i nidi di rondine è vietato. Ma non è detto che la violazione di un divieto automaticamente vada ad integrare una fattispecie di reato. Nel caso di specie può sorgere responsabilità penale per il trasgressore? E se sì, quale pena rischierebbe?
Le rondini sono da sempre il simbolo della primavera; quantomeno laddove ci si diverta ad identificare la stagione della rinascita nella figura di un animale. I volatili sono un segno ben tangibile dell’arrivo della bella stagione; chi non ha mai veduto, d’altronde, un nido di tali uccelli?
È indubbio che, laddove i piccoli pennuti scelgano proprio la nostra casa per edificare il proprio rifugio, possano sorgere dei piccoli inconvenienti. La ragione primaria di tali disagi, si sa, sono le evacuazioni degli uccelli, che mettono in pericolo l’igiene del luogo.
Un problema da risolvere, certo, ma non distruggendo il sito di riproduzione degli animali. Anche perché è vietato dalla legge. La più chiara tra le fonti normative è senza ombra di dubbio la Convenzione di Berna (relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa).
L’atto, adottato il 19 settembre 1979, stabilisce a chiare lettere che è vietata la distruzione intenzionale o la deteriorazione dei siti di riproduzione; appunto i nidi. E l’Italia ha ratificato la Convenzione con la Legge 503 del 1981.
Non si può non citare, come normativa nazionale, la Legge 157 del 1992, che stabilisce il divieto di uccellagione, nonché il prelievo di uova, nidi e piccoli nati. Ed il prelievo del nido ingloba in sé anche la distruzione o il deterioramento intenzionale della struttura.
Nel quadro complessivo vanno considerate anche norme regionali e regolamenti comunali, che spesso si pronunciano sulla questione, e che, ovviamente, variano a seconda del luogo considerato.
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La pena dell’arresto fino ad un anno (o, in alternativa l’ammenda – il testo di legge riporta anche l’importo in lire) previsto dall’art. 30 lett.e) della L.157/1992 per chi esercita l’uccellagione, non pare possa applicarsi al prelievo di nidi, uova e piccoli nati.
Tuttavia non pare possa escludersi l’applicazione dell’art. 544-bis c.p. (Uccisione di animali) per chi pone in essere la condotta, giacché chi compie l’atto è a conoscenza che in conseguenza di esso i nascituri, o i piccoli nati non saranno in grado di sopravvivere.
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