L’inquinamento e l’opera indiscriminata dell’uomo in generale stanno avendo da secoli un impatto devastante con la natura. La deforestazione e la decimazione di numerosissime specie di animali non sono infatti una prerogativa del solo ‘800 e ‘900 ma partono da ben prima. Ovviamente con l’industrializzazione questi processi nocivi si sono accelerati all’inverosimile, e la natura con i suoi ecosistemi e gli animali che li abitano ne fanno la specie. Il mondo scientifico da tanto tempo ha lanciato degli allarmi per cercare di rallentare questo loop distruttivo, ma oggi una autorevole voce in loro sostegno arriva addirittura dal Vaticano, con la pubblicazione dell’enciclica ‘Laudato Sì’, di sanfranceschiana memoria. Nei giorni scorsi si è svolto un seminario al quale erano presenti la Pontificia Accademia delle Scienze e quella Pontifica delle Scienze Sociali: il tema trattato è stata l’estinzione biologica, con cause, effetti e possibili rimedi.
Un documento redatto per l’occasione afferma:
“Attualmente sarebbero in pericolo di estinzione un quarto di tutte le specie e la metà di esse potrebbe estinguersi entro la fine del secolo corrente. Dal momento che dipendiamo dagli organismi viventi per il funzionamento del nostro pianeta, il cibo, molti dei nostri farmaci e altri materiali, per l’assorbimento dei rifiuti e per l’equilibrio del clima, oltre che per gran parte della bellezza di questo mondo, tali perdite causeranno danni incalcolabili per il nostro futuro a meno che non siano tenute sotto controllo. Siamo a conoscenza solo dell’esistenza di meno di un quinto delle specie che stimiamo popolino il mondo. Stiamo perciò sprecando un potenziale sconosciuto e mettendo a repentaglio i meccanismi fondamentali del nostro pianeta”.
“Duecento anni fa, per la prima volta la popolazione raggiungeva un miliardo di persone, toccando nel 1930 i due miliardi che oggi sono diventati 7.4 miliardi. Dal 1950, il PIL mondiale è aumentato di 15 volte e la popolazione mondiale è triplicata. La quintuplicazione del reddito pro capite ha portato enormi vantaggi per la condizione umana contemporanea. Oltre a minacciare milioni di specie in via di estinzione, questo enorme aumento dell’attività economica basata sul solo profitto e sull’uso di combustibili fossili sta mettendo sotto sforzo il funzionamento sostenibile della terra. I segni più evidenti includono il cambiamento climatico globale e i danni al sistema della terra come ad esempio l’innalzamento del livello del mare, l’acidificazione degli oceani e l’anossia, che alimentano in maniera diretta l’estinzione biologica”.
“La popolazione umana della terra è segnata da grandi diseguaglianze a livello economico. Le persone più ricche del mondo, che rappresentano il 19% della popolazione consumano più della metà delle risorse mondiali. Il reddito pro capite degli 1.4 miliardi di ricchi è all’incirca di 41.000$; al contrario, il miliardo di persone più povere, in particolare nell’Africa Sub-Sahariana, ha un reddito medio di 3.500$. I ricchi sono quindi maggiormente responsabili dell’aumento del riscaldamento globale e di conseguenza della diminuzione della biodiversità. I più poveri che non beneficiano dell’uso di combustibili fossili sono indirettamente responsabili della deforestazione e di una parte della distruzione della biodiversità, visto che le loro azioni si svolgono all’interno di un sistema economico mondiale basato sulle necessità dei più ricchi, i quali hanno in assoluto i maggiori livelli di consumo senza pagare le esternalità che potrebbero permettere di preservare la biodiversità”.
“Così come le attività umane sono responsabili di questi effetti negativi, oggi abbiamo bisogno di un’azione umana positiva per lo sviluppo sostenibile della biodiversità. Una condizione imprescindibile per il raggiungimento della sostenibilità globale è la redistribuzione della ricchezza,perché ovunque in tutto il mondo gli alti livelli di consumi hanno un impatto nel degradare il funzionamento della terra e nel distruggere la biodiversità”.
Scenari apocalittici all’orizzonte dunque, per questo bisogna fare qualcosa di concreto quanto prima.
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