L’organizzazione internazionale Animal Amnesty ha lanciato la campagna “La vivisezione nel piatto” con la quale denuncia il business della vivisezione nel settore dell’alimentazione umana.
Non solo test su animali per la ricerca medica, per il settore farmacologico oppure cosmetici e detergenti, ormai la sperimentazione animale pare sia sfruttata nel settore del consumo alimentare umano.
Infatti, evidenzia Animal Amnesty molti prodotti sono ormai testati sugli animali prima di essere lanciati sul mercato. Un questo panorama viene citato il progetto condotto dall’Università di Bologna, cofinanziato dall’Unione Europea e da un’azienda di prodotti biologici che mira a creare delle farine integrali di farro e prodotti da forno arricchiti con ferro.
“Il progetto è costato 1.311.748,80 euro ed è cofinanziato dall’Unione Europea per 874.000 euro. Nella sua prima fase il progetto ha ucciso 36 suini. Agli animali, sottoposti a sperimentazione sin dalla nascita, era stata indotta una anemia ferropriva, i maiali hanno subito prelievi costanti tramite un catetere permanente alla giugulare”, scrive l’organizzazione animalista.
In occasione della campagna, Animal Amnesty ha anche promosso una petizione per chiedere al Ministero della Salute nuove linee guida con le quali siano vietati i test sugli animali nel valutare le proprietà degli alimenti destinati al consumo umano. Si tratta di esperimenti non obbligatori per legge ma che contribuiscono soltanto ad inserire maggiori indicazioni sui contenuti salutari del prodotto.
Per maggiori informazioni La vivisezione nel piatto
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