Il settore dell’ippica e di qualsiasi altro allevamento nasconde dei lati oscuri che non vorremmo mai conoscere. Eppure, quei bellissimi campioni sui quali le tenute e le scuderie investono decine di migliaia di euro per addestrarli e metterli in pista, sono spesso e volentieri destinati ad una fine orribile. Infatti, gli esemplari che dopo il debutto iniziano a perdere delle gare, vengono subito scartati alla quarta corsa e non essendo più utili anche per la riproduzione, diventando un costo per la scuderia, questi animali sono condannati dalla filiera. Molti cavalli finiscono nelle mani dei commercianti che li rivendono ai macelli oppure a privati senza un controllo preciso. Spesso sul libretto di questi cavalli viene indicato che non sono macellati per questi si è creato un fitto traffico con i paesi dell’est dove sono esportati i cavalli delle corse per poi rientrare nel Bel paese con tanto di libretto sul quale è scritto che possono essere destinati alla macellazione. Un circuito illegale ma all’ordine del giorno come tanti altri casi nei quali questi poveri animali che hanno dato la loro anima durante gli addestramenti, sono diventati solo carne da macello. Molti esemplari finiscono nel circuito delle corse clandestine altri, come negli Stati Uniti invece potrebbero finire come esemplari da laboratorio.
Proprio in questi giorni, il Parlamento Europeo ha votato una risoluzione non legislativa con al quale chiede sanzioni più severe per le persone che maltrattano o abbandonano i cavalli. La risoluzione approvata con 656 voti a favore, 10 contrari e 27 astensioni, mira ad educare i proprietari meglio sulla zootecnia, migliorare la sicurezza alimentare e per aiutare il settore ad aumentare i propri ricavi. L’Ue ha circa 7 milioni di equidi, utilizzati in settori come il trasporto, il turismo, lo sport, l’istruzione, la ricerca e l’agricoltura. Un fatturato di oltre 100milioni di euro l’anno. tuttavia, dal 2008 sono aumentati gli abbandoni degli animali e per questo si rivelano urgente delle misure per contenere il fenomeno.
Peta, l’organizzazione animalista, recentemente nel mirino di uno scandalo, torna in primo piano con una caso davvero raccapricciante sul quale ha avviato una battaglia nel 2016 e continua a lanciare un appello sul tema dello sfruttamenti dei cavalli.
La nota organizzazione racconta la storia di una cavalla, una bellissima purosangue di nome Tina, nata in un allevamento in Texas che dopo l’esordio e lo sfruttamento nel settore delle corse, è stata dismessa ed è morta all’interno di un laboratorio universitario.
La denuncia di Peta riferisce che la cavalla dopo le corse è stata trasferita presso un centro universitario il Texas A & M University-Commerce dove sofferente di laminite non è mai stata curata per la patologia. al contrario la sua condizioni è stato oggetto di studio da parte degli studenti universitari. La sua patologia estremamente dolorosa per un cavallo ha peggiorato ed è degenerata al punto che la gravidanza di Tina è stata interrotta. Il puledro di pochi mesi è stato estratto dal corpo della giumenta e sezionato dagli studenti.
Alla fine dello studio, dopo cinque mesi, Tina è stata abbattuta. Peta ha avviato un lungo percorso presentando un rapporto e una denuncia sulle condizioni di sofferenza in cui Tina è stata tenuta nel campus universitario e alla quale non furono date adeguate cure veterinarie. Una cavalla sfruttata con una laminite cronica tanto che alcuni giorni non riusciva a stare in piedi.
Nel rapporto presentato dall’organizzazione animalista è stato ben evidenziato che si è trattato di una “grave violazione degli standard di assistenza veterinaria”.
“Stiamo promuovendo un insegnamento universitario con metodi alternativi nei quali non siano utilizzati animali, ma metodi sostitutivi e cruelty-free che molte università stanno introducendo”, sottolinea Peta ricordando il (BEST) Practices Act-un disegno di legge bipartisan che promuove questi metodi.
La stessa Università continua ad essere nel mirino di Peta per test sulla distrofia muscolare condotti sui cani. Un luogo agghiacciante in cui la sofferenza animale è all’ordine del giorno.