I virus sono una piaga estremamente pericolosa che solleva preoccupazioni in tutto il mondo , il fatto che nessuno sia esente dalla pericolosità di virus come l’aviaria ha portato la comunità scientifica a voler indagare non solo sulle cause ma anche sulla diffusione delle malattie.

Gli studiosi da tempo si preoccupano di un problema che potrebbe portare ai nostri tempi virus congelati nei ghiacciai ed è probabilmente per questo che gli scienziati hanno deciso di spingersi in Antartide per i loro studi.
L’Antartide è un ecosistema estremamente fragile è recentemente è stato preso in esame in uno studio condotto da un team di ricercatori italiani, impegnati nell’analisi della possibile circolazione del virus H5N1 tra le popolazioni di pinguini.
Influenza aviaria: missione di ricerca sui pinguini

L’Istituto Zooprofilattico delle Venezie (IZSVe) su richiesta dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) ha organizzato una missione con un obiettivo chiaro, ovvero verificare la presenza del virus tra le colonie di pinguini situate nei pressi della Stazione Mario Zucchelli che è una delle due basi italiane in Antartide.
Nonostante le temperature bassissime e l’estrema difficoltà di organizzazione in un luogo angusto per l’essere umano , i ricercatori hanno raccolto da oltre 250 animai in circa 400 km, diversi i campioni biologici necessari per portare avanti lo studio .
Attualmente i primi risultati sembrano non destare particolari perplessità anche se la minaccia di introduzione del virus resta estremamente elevata anche se effettivamente l’Antartide è un continente isolato è sempre più esposto a fattori esterni che potrebbero alterarne l’equilibrio ecologico.
Sembra infatti che l’aumento del turismo unito al cambiamento climatico e alla migrazione degli uccelli potrebbero favorire la diffusione del virus in aree incontaminate rendendo essenziale un monitoraggio costante e approfondito.
L’influenza aviaria è un virus noto per la sua capacità di adattarsi e diffondersi rapidamente tra le popolazioni di uccelli selvatici e anche se le analisi condotte dai ricercatori non abbiano rilevato la presenza del virus nelle colonie studiate il rischio di un futura diffusione non può essere assolutamente sottovalutato.
A destare maggiore preoccupazione sono proprio gli uccelli migratori che percorrendo enormi distanze potrebbero trasportare il virus da altre parti del mondo, inoltre le temperature estremamente basse dell’Antartide agiscono come un gigantesco congelatore naturale e questo permette al virus di sopravvivere per mesi se non addirittura per anni anche nelle carcasse degli animali infetti.
La missione condotta dai ricercatori italiani ha segnato un passo fondamentale nella comprensione della diffusione dell’influenza aviaria in un ecosistema così remoto.
A differenza di altre spedizioni scientifiche dove i campioni raccolti vengono inviati in patria per le analisi in questa spedizione si è deciso di effettuare i test direttamente sul campo riducendo così drasticamente i tempi e potendo prendere provvedimenti immediati in caso di risultati compromettenti.
Se bene i risultati dei test non siano stati allarmati il monitoraggio non può fermarsi e vanno monitorate infatti tutte le colonie di pinguini cercando con il tempo di coinvolgere anche altre nazioni come Corea del Sud, Germania, Stati Uniti, Cina e Nuova Zelanda che già operano sul territorio dell’Antartide.