Per la prima volta nella storia delle esplorazioni subacquee sono state fatte delle scoperte incredibili. Sono state identificate e campionate nuove specie marine del tutto sconosciute, arrivando quasi a mille specie diverse.
L’interrogativo che molti appassionati di sub e pesca si pongono è: che tipo di animali marini nasconderà il profondo blu? Avranno lo stesso aspetto dei comuni pesci e animali marini ai quali siamo abituati noi? Oggi a rispondere a questa domanda è un team internazionale di quaranta scienziati, che ha appena concluso il Sampling the Abyss, una spedizione partita un mese fa da Launceston, in Tasmania, a bordo della Marine National Reasearch Facility, con lo scopo di esplorare per la prima volta le profondità dell’oceano orientale dell’Australia.
Questa spedizione fu guidata dagli scienziati del Museums Victoria e del Csiro (Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation). Quest’avventura ha permesso loro di riconoscere e identificare quanti più organismi marini delle aree abissali di fronte alle coste di Brisbane, nel Queensland.
“L’abisso è l’habitat più grande e più profondo di tutto il pianeta, che copre metà degli oceani del mondo e un terzo del territorio australiano, ma rimane l’ambiente più inesplorato”, spiega Tim O’Hara, tra gli autori dell’impresa.
Ma c’è una zona ancora del tutto inesplorata: la zona abissopelagica. Si trova a una profondità di circa 4mila metri, è finora stata molto difficile da esplorare, data la sua profondità, la mancanza di luce, la temperatura molto fredda, e la pressione elevatissima. Condizioni che oltre a renderla un ambiente ostile per tutti, hanno portato gli animali ad adattamenti unici e aspetti a volte “terrificanti”, come la mancanza di occhi, corpi gelatinosi o pieni di spine, e l’emissione di luce propria, ovvero la biolumuniscenza.
Utilizzando il sonar multibeam, un tipo di sonar che permette di mappare il pavimento abissale, i ricercatori hanno inviato in profondità tra i 2.500 e i 4.000 metri attrezzature di campionamento e raccolta dati, che hanno riportato in superficie un tesoro di oltre mille specie diverse, di cui un terzo completamente sconosciute e ignote: pesci, stelle marine, molluschi, granchi, spugne e vermi.
“I dati raccolti in questo viaggio saranno fondamentali per comprendere l’habitat abissale dell’Australia, la sua biodiversità, i processi ecologici che lo sostengono. Potremo così contribuire alla sua conservazione e gestione, proteggendolo dagli impatti del cambiamento climatico, dell’inquinamento e da altre attività umane”, spiega l’autore.
Infatti, il team purtroppo ha rilevato un alto tasso di inquinamento, evidenziando sul fondale lattine di vernici, bottiglie, lattine di birra e altri detriti. “Il mare – continua l’autore – porta con sé oltre 200 anni di spazzatura. Dati come questi costituiscono il primo passo per influenzare gli atteggiamenti sociali verso lo smaltimento dei rifiuti”.