Dei conigli bianchi saltano eccitati all’interno delle loro gabbie. Ma non sono in un negozio di animali da compagnia, esposti allo scopo di essere portati a casa di qualcuno che possa accudirli con amore. No, stanno aspettando che arrivi il loro turno di essere testati. Per vederli fare da cavia di esperimenti che potranno portare loro delle lesioni permanenti. Fino anche ad essere uccisi in modo dubbio. Se questa cosa suona orribile, sappiate che lo è. Ma mentre i test sugli animali sono stati vietati nel Regno Unito nel 1997 e nell’UE nel 2009, alcuni dei marchi più popolari della Gran Bretagna stanno ancora finanziando simili sperimentazioni.
Sembra essere proprio questo lo sporco segreto dietro a marchi di bellezza come Clinique, Lancome, Kiehl’s, L’Oreal Paris, Olay, Nivea, Mac, La Mer, Dior, Caudalie, Benefit e molti altri, con i loro prodotti che vengono poi venduti in Cina, dove è obbligatorio che ogni cosa importata o prodotta all’interno dei propri confini venga prima provata sugli animali. Ed i grossi marchi sanno che le tasse che pagano per accedere al mercato cinese possono finanziare test che sarebbero illegali in Europa.
L’ultimo marchio in ordine di tempo ad entrare a far parte di questo circolo vizioso è stato Nars. A giugno proprio Nars aveva annunciato di essere sbarcato nel grande paese asiatico. Questo non ha fatto piacere a diversi fan di Nars, che sui social network avevano reso noto il proprio disgusto, in relazione a quanto fatto sugli animali. Sono anche sorte delle petizioni per boicottare il marchio. Laura Swain, 39 anni, designer di gioielli inglese, parla del cambiamento di politica dell’azienda di bellezza dalla quale comprava da parecchio tempo numerosi cosmetici.
“Sono rimasta scioccata”, dice. “È una delle mie marche preferite, ma odio il pensiero che i miei soldi potrebbero ora finanziare test sugli animali. Nars dice che vuole “lavorare verso un mondo libero dalla crudeltà”, ma poi va in Cina dove le sperimentazioni sugli animali sono praticamente obbligatorie”.
Nars si è difesa sostenendo: ‘Abbiamo deciso di approdare in Cina, perché riteniamo importante portare la nostra visione di bellezza e di arte alle persone di quella parte del mondo. Nars non sperimenta sugli animali o chiede ad altri di farlo per conto nostro, salvo quando sia richiesto dalla legge”. L’azienda vuole veramente condividere la propria “arte” con le donne cinesi o semplicemente insegue contanti facili in quello che sarà il più grande mercato di bellezza a livello mondiale entro il 2020 con un giro stimato di 38 miliardi di sterline?
Alcuni commenti non lasciano adito a dubbi. Sui social le critiche più frequenti a Nars sono le seguenti: “Vendere al mercato cinese significa perdere i tuoi clienti fedeli e cedere alla crudeltà sugli animali, cara Nars. Ho amato i tuoi prodotti e sarei rimasta una tua cliente per tutta la vita, ma adesso cambierò”, scrive una donna. Ed un’altra dice: “Scrivere che vi importa più degli animali che dei profitti è un insulto alla nostra intelligenza. La pagherete cara”.
Le prime campagne contro le sperimentazioni sugli animali in ambito cosmetico risalgono già al 1989, con ‘The Body Shop’ che inventò lo slogan semplice ma efficace ‘Contro i test sugli animali’. Nel 2012 era toccato al marchio ‘Urban Decay’ prendere una grossa decisione, scegliendo di tornare sui propri passi rispetto al piano originario di espandersi in Cina. Questo perché, secondo la stessa Urban Decay “non c’erano le condizioni per restare fedeli ai nostri principi dovendo operare con le leggi di quel Paese”.
Un portavoce di ‘Humane Society International’ ha reso noto che i prodotti cosmetici provati sugli animali possono causare loro cecità permanente totale o parziale, introduzione di elementi chimici negli occhi e nella pelle ed esposizione a dosaggi letali, “e questo non significa che tali prodotti poi possano risultare innocui per le persone”.
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