Pianificare di nuovo il sistema di produzione sarebbe una perdita di tempo e di denaro. La soluzione per ridurre le emissioni di Co2 dagli allevamenti risiederebbe invece in un nuovo tipo di alimentazione. E’ quanto stanno sperimentando alcuni agricoltori irlandese che hanno cambiato dieta ai bovini, alimentandoli con alghe marine. Un’idea che sarebbe addirittura sostenuta dalla stessa federazione degli agricoltori irlandesi.
Si tratta in realtà di un progetto australiano e canadese, scaturito da uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’università James Cook di Queensland. In base alla ricerca, sarebbe sufficiente aggiungere circa un 2% di alghe secche all’erba somministrate alle vacche per ridurre fino al 99% le emissioni.
Tra le varie cause che provocano l’effetto serra è stato provato quanto incidono gli allevamentii Secondo i calcoli effettuati i circa 1.5 miliardi di bovini negli allevamenti di tutto il mondo, rilasciano una quantità di metano che è ben 25 volte più dannosa per l’atmosfera rispetto all’anidride carbonica.
Per poter limitare l’impatto degli allevamenti, due ricercatori, Rob Kinley e Alan Fredeen hanno individuato il potenziale delle alghe. Al vaglio della ricerca sono state analizzate una ventina di specie di alghe. Dai risultati dello studio, pare che la alga rossa Asparagopsis Taxiformis sia in grado di interagire con i batteri nello stomaco delle mucche. Proprio quella specie di alga, somministrata anche in piccole quantità arriverebbe a ridurre del 99% le emissioni.
Immediata l’adesione degli agricoltori irlandesi i quali hanno sempre convissuto con i prodotti del mare e realizzare un “modello sostenibile delle alghe” pare andare incontro alle loro esigenze.
Insomma, come sempre, viene privilegiata la via della produzione anziché della riduzione. E’ da ricordare che oltre alle emissioni vi è un spreco degli alimenti. Pertanto non solo le ricerche dovrebbero valutare l’impatto sull’inquinamento ma anche il benessere degli animali e le conseguenze. Infatti, ci si chiede quale potrebbe essere l’impatto alla lunga dell’alga rossa, tipica delle zone tropicali, somministrata ad esemplari nelle zone fredde. Chissà se ci potrebbero essere delle mutazioni a livello dell’ecosistema e della biodiversità con la contaminazione del suolo?
Non solo si tratta d’intervenire in uno specifico campo ma probabilmente la filiera stesso degli allevamenti intensivi dovrebbe essere ripensata.
C.D.
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