In alcune zone dell’Africa capita di mettere a disposizione tutta la propria passione a difesa di cuccioli di animali selvaticiappartenenti alla fauna del posto, salvo poi scoprire di essere entrati in tutt’altro meccanismo. A questi volontari, attirati da false immagini di tigrotti con il biberon e simili, viene richiesto il pagamento di una ingente somma come contributo per far fronte alle grosse spese per il sostentamento di questi esseri. Solitamente si tratta di circa 1500 o 2000 euro. Poi però ecco l’amara scoperta. Non si tratta di centri di sostentamento ma di cosiddetti ‘falsi santuari’, dove questi animaletti verranno poi concessi a circhi o bracconieri per fare soldi. Oppure sono destinati a riserve di caccia di facoltosi privati, che potranno impallinarli per il loro svago. Si ritiene che tutto ciò comporti un giro di guadagni illeciti stimato in circa 20 milioni di euro all’anno.
E questo dimostra anche che sono tante le persone che scelgono di mettersi a disposizione per il bene degli animali, da ogni parte del mondo. Purtroppo però si finisce spesso con l’addestrarli come se fossero animali domestici, questo renderà impossibile un loro inserimento in natura. Far si che la natura e l’istinto di questi esseri venga in qualche modo represso li renderà purtroppo più adatti a finire nel mirino dei fucili da caccia. C’è anche un racconto da parte di una giovane italiana, Chiara Grasso, che ha raccontato a corriere.it di quanto vissuto in Namibia. Chiara è rimasta lì per un mese, comprendendo soltanto una volta essere arrivata cosa stesse succedendo. Lì tigri, leoni e simili vengono addomesticati fino alla lobotomizzazione ed i cuccioli vengono strappati alle madri. Li si fa vivere come se fossero pupazzi, destinandoli a ciò che la natura non li ha predisposti ad essere.
Africa, i centri dove si allevano animali selvatici sono in realtà qualcosa di molto peggio
Chiara racconta di aver pagato 1600 euro più il volo assieme ad alcuni amici. Tra i suoi compiti c’era tenere pulite le gabbie, raccogliere l’acqua, pulire e tagliare la frutta e fare altra attività di manutenzione. In tutto ciò poteva stare a stretto contatto con gli animali selvaticie veniva incentivata a scattarsi foto e ad accarezzare nello specifico i ghepardi dei quali si prendeva cura, oltre a dormire con cercopiteci e babbuini. Alle scimmie veniva messo il pannolino e li si accudiva come se si trattasse di bambini. Ma senza alcuna misura di sicurezza tanto per gli animali quanto per le persone. Questo può dare adito al proliferare di malattie. Chiara parla in particolare del pericolo che un herpes, che per una persona rappresenta qualcosa di insignificante, sarebbe potuto essere trasmetto agli animali. Sui quali le conseguenze sarebbero potute essere molto più gravi, se non addirittura letali.
È sorta una associazione per contrastare tutto ciò
Tra i peggiori centri in questione figurano quelli sudafricani di Ukutula e Boskoppie. Sui rispettivi siti web i loro responsabili si dichiarano in tutto e per tutto contrari alla caccia, ma non è così. Lo attesta anche il racconto di una ragazza inglese che nel 2012, esattamente come poi accaduto a Chiara, pagò parecchi soldi per un viaggio in Africa dove credeva di andare a fare del bene. La cifra venne incassata da una agenzia e con lei c’era un’altra trentina di persone circa. Fu una bella esperienza proprio a Ukutula, anche se poi la giovane scoprì che lì si allevano e si vendono leoni per la caccia. È per questo che è sorto ‘Volunteers in Africa Beware’. Una associazione che racchiude tutte le persone che hanno preso consapevolezza del problema e che ora cercano di contrastarlo. A proposito di animali selvatici, si è pensato che nel Brindisino ci fosse una pantera in libertà.
A.P.