Annegati nel canile-lager: la sconcertante testimonianza – VIDEO

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By Gabriele

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(screenshot Youtube)

Ancora molto sconcerto tra suscitando nell’opinione pubblica il processo alla coppia di gestori, marito e moglie, del presunto canile lager sulla Cassia Sud. Centinaia gli abusi denunciati. In pratica, tra il 2009 e il 2011 sarebbero stati uccisi crudelmente tra i 1200 e i 1400 cuccioli. A far scoprire l’orrore due cingalesi. In aula, uno dei due ha raccontato: “Mi obbligavano ad uccidere i cuccioli, annegandoli in grossi secchi pieni d’acqua. Poi li gettavano nei secchi della spazzatura all’interno di grosse buste nere”.

Il cingalese ha evidenziato: “Io non volevo farlo, più volte ho provato a rifiutarmi: ma era un ordine e mi obbligavano. Non potevo essere licenziato. Quello era il mio lavoro”. L’uomo, 52 anni, ha detto di comportarsi così “perché era quello che ordinavano i miei datori”. Dopo la denuncia dei cingalesi, dunque, i proprietari del canile devono ora rispondere di uccisione, maltrattamenti e sevizie contro gli animali. Il processo si tiene davanti al giudice monocratico Giacomo Autizi.

Ha proseguito l’ex dipendente: “Stanco di quello che per anni sono stato costretto a fare e vedere all’interno del canile, ho deciso di filmare di nascosto quello che accadeva. Ho raccolto tutti i video in un cd che ho consegnato ad un avvocato e avvertito l’associazione animalista”. Le immagini sono nitide e da quelle è partita la denuncia dell’associazione FederFida. Il cingalese ha poi concluso: “Il canile ospitava oltre trecento cani per i proprietari, nonostante la convenzione con il Comune, era necessario sbarazzarsi di tutti i ‘nuovi arrivati’, che ci costringevano a uccidere”.

La replica dei proprietari del canile

Ma i coniugi si difendono raccontando un’altra versione dei fatti: il tutto sarebbe una montatura dei cingalesi, licenziati per assenteismo. Era stato anche assoldato un investigatore privato per seguirli: “Con l’occasione, ho scoperto che i cingalesi facevano continue assenze perché, in orario di lavoro, andavano a fare i giardinieri in una villa di viale Trieste”, ha detto l’investigatore.

Sentito come teste della difesa anche un allevatore di boxer, che ha avuto a che fare con il canile: “Non era loro interesse ammazzare i cuccioli, anche perché il mantenimento era a carico dei comuni, proprietari delle fattrici. Le femmine spesso arrivavano già incinte, perché la Asl non ce la fa a sterilizzare tutti i cani. A volte, invece, succedeva che femmine intere finissero coi maschi, perché non si possono tenere i maschi solo coi maschi, in quanto si ucciderebbero”.

I cuccioli lasciati affogare

GM

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