E’ una cifra importante se viene considerata in un contesto più ampio ed esteso a tutti i paesi dell’Est Europa. Infatti, non solo la Repubblica Ceca può contare su un mercato di esportazione di cuccioli che frutta un giro d’affari di 58 milioni l’anno. Anche i paesi vicini, come Slovacchia, Slovenia o la Romania ogni anno esportano migliaia di cucciolate vendute a prezzi da capogiro.
E’ il triste fenomeno del mercato dei cuccioli in Europa che nasconde anche un traffico illegale fondato su uno sfruttamento dei cani e allevamenti non in regola.
Un veterinario di Praga, Martina Naceradska, nel rilasciare un’intervista all’agenzia France Presse ha infatti denunciato che “un gran numero di cuccioli sono allevati illegalmente in condizioni allarmanti in Repubblica Ceca e in altri paesi dell’Est, per essere poi trasportati nei paesi occidentali e rivenduti ai commercianti”.
Una vera e propria produzioni di cuccioli prevalentemente di razze alla moda come Bouledogue, Chihuahua, Yorkshire, Jack Russell, Bichon, Spitz oppure il Cavalier King Charles.
In base alle stime, allevare un cucciolo costa circa una cinquantina di euro e viene rivenduto sul mercato occidentale ad almeno 500 euro in alcuni casi arrivano anche ad oltre mille euro attraverso annunci o i negozianti.
La veterinaria ha ricordato quanto sia pericoloso acquistare un cucciolo proveniente dal mercato dei paesi dell’Est; non solo c’è il rischio di essere truffati ma molto spesso i cuccioli possono presentare dei problemi di salute grave oppure comportamentali.
Animali allevati in condizioni igieniche precarie, reclusi nelle gabbie e condannati a crescere al buio nei loro escrementi. Le riproduttrici vengono sfruttate fino allo sfinimento, imbottite di farmaci e ormoni per stimolare artificialmente la loro fertilità .
Secondo un’indagine condotta in Repubblica Ceca, spesso gli allevamenti illegali sono in prossimità delle frontiere con la Germania o l’Austria dove i cani di razza costano di più e vi sono molte possibilità per passare la frontiera in modo discreto.
“Durante il trasporto in Spagna ad esempio, l’80% dei cucciolo muore. Nonostante ciò, il business continua ad essere lucrativo”, ha denunciato la Naceradska.
Uno scenario disarmante di cani che non hanno cure. Per gli esperti si tratta di vere e proprie aziende dell’orrore con cuccioli allontanati troppo presto dalle loro madri. Di norma per uno sviluppo sano è necessario che lo svezzamento avvenga a 90 giorni in modo che ci sia anche la fase di socializzazione del cucciolo che avviene con la madre e il gioco con i fratelli. Se viene a mancare questa fase, non solo il cucciolo a causa delle condizioni in cui è allevato soffrirà di problemi di salute, ma anche comportamentali: può diventare pauroso, aggressivo, soffrire di attacchi di ansia o essere iperattivo.
Purtroppo ad essere complici di questo sistema di sfruttamento non sono soltanto allevatori e commercianti senza scrupoli, spesso inseriti in un circuito di criminalità ma anche gli stessi acquirenti.
Il monito è dunque anche rivolto a coloro che comprano i cuccioli di razza, invitandoli ad informarsi bene sulla provenienza del cane, il tipo di allevamento.
Leggi Ue per controllare traffico dei cuccioli in Europa
Negli ultimi anni, le organizzazioni animaliste nei paesi dell’Est stanno facendo pressione sui governi in modo da tutelare gli animali e controllare il mercato. Il governo della Repubblica Ceca ha pertanto introdotto recentemente una sanzione per il traffico e gli allevamenti illegali e dal 2020 sarà obbligatorio il microchip con il primo vaccino del cane.
Quello che lascia sconcertati è forse una carenza da un punto di vista del quadro europeo. Si rivela necessario uniformare i paesi e sicuramente realizzare un’anagrafe canina europea. Di sicuro, queste misure non fermano il traffico illegale ma potrebbero in parte contenerlo.
Non a caso, la stessa organizzazione internazionale VIER PFOTEN ha sollecitato la Commissione Europa anche sul tema delle vendite online chiedendo che sia stabilita una norma sul commercio, la registrazioni degli animali non solo mirata a contenere un traffico illegale ma anche un vero e proprio mercato di “esseri viventi senzienti”. La Commissione Ue purtroppo ha replicato nel mese di luglio 2017 che le norme ci sono. Le associazioni hanno espresso indignazioni denunciando che queste norme non sono sufficienti soprattutto per quanto riguarda il commercio online.
“Apprezziamo che il commissario europeo Andriukaitis abbia chiarito che, secondo la nuova legge sulla salute degli animali, ogni allevatore di cani e gatti per scopi commerciali dovrà registrare la sua azienda, anche se non è proprietario e mantiene gli animali solo temporaneamente, ma è deludente che la Commissione europea non intenda andare oltre e che si affida agli Stati membri per una corretta applicazione di questa nuova legislazione”, ha dichiarato Pierre Sultana, direttore dell’Ufficio politico europeo, sottolineando che in ben “dieci paesi al centro dell’indagine di FOUR PAWS è stato rivelato che questo non basta”.
Sultana ha denunciato che dalla ricerca condotta da FVE, UEVP e FECAVA nell’ambito della campagna “Pet Deception” dell’organizzazione sono state evidenziate diverse scappatoie messe in atto dagli allevatori per evincere la norma Europea.
L’impegno delle organizzazioni continua in quanto non si tratta di assecondare delle lobby o di garantire il benessere degli animali ma bensì di tutelare e far valere i diritti di esseri “senzienti”.
Ecco perché viene chiesto a gran voce un sistema di registrazione obbligatorio nel quale gli allevatori e i venditori non sono solo registrati, ma sono anche obbligati a mostrare il loro numero di registrazione quando viene venduto un animale online. Un sistema come introdotto recentemente in Francia. Inoltre, per le organizzazioni, scrive in un comunicato VIER PFOTEN “i dati di registrazione dovrebbero essere tenuti in un database accessibile al pubblico, in modo che gli acquirenti possano verificare se l’allevatore o il venditore da al quale si affidano sia registrato. Ciò significa che gli acquirenti e i venditori possono essere tracciati in modo che i consumatori possano essere anche loro tutelati”.
C.D.
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