Lo scorso anno avevamo raccontato la storia di una donna, una giovane veterinaria di 31 anni che dopo aver ucciso oltre 700 cani, sottoponendoli all’eutanasia, si è poi suicidata.
In realtà, non si trattava di una volontà precisa, scaturita da una malattia psicologica, bensì di un sistema che come viene applicato in molti paesi, prevede l’eutanasia dei cani nei canili.
Chih-Cheng lavorava presso un rifugio a Taiwan e nella sua lettera di addio scrisse che non ce la faceva più a sopprimere i cani, evidenziando che “le vite sono tutte uguali”. La giovane veterinaria si suicidò con lo stesso farmaco utilizzato per i cani, in un gesto estremo di disperazione e dolore. Lei venne etichettata come “un macellaio” in tutto il paese ma anche in tutto il mondo. Ma la verità era un’altra. Il gesto estremo di Cheng ha portato ad un cambiamento a Taiwan che a distanza di un anno ha vietato l’eutanasia dei cani nei rifugi.
“L’hanno chiamata un macellaio. Ci criticano spesso, alcuni addirittura ci dicono che andremmo all’inferno. A noi non piace sopprimere i cani. La gente continua ad abbandonarli per diverse ragioni e siamo noi a dovere fare cose che non vorremmo”, ha dichiarato un collega della Cheng.
Il governo ha però negato che la decisione di vietare l’eutanasia sia scaturita dalla morte della Cheng, sottolineando che la tragica morte della veterinaria sia stata provocata da una sofferenza personale della giovane che da un punto di vista emotivo non aveva retto il tipo di lavoro nel rifugio.
Infatti, la stessa Cheng era apparsa in un programma televisivo durante il quale aveva rivelato di aver soppresso oltre 700 cani, invitando la popolazione ad adottare cani e non ad acquistarli; si era impegnata a sensibilizzare l’opinione pubblica e come emerso nel suo biglietto di addio, la Cheng presa di mira dai media e le critiche aveva chiesto al governo a rivedere la legge sull’eutanasia.
Nel 2015 furono soppresso 10.900 cani a Taiwan. Cheng non era una macellaia è morta per il dolore. Forse, in tal senso, sarebbe stato giusto da parte del governo, dedicare a Cheng quella legge che entrerà in vigore il 4 febbraio e non solo vieta l’eutanasia dei cani abbandonati o randagi ma anche una sanzione penale per chi abbandona un cane anche nel rifugio.
Proprio questo elemento viene contestato dai veterinari che sostengono che porterà ad una maggiore ondata di abbandoni. Per i veterinari sarebbe necessario avviare anche un programma di sensibilizzazione per educare la popolazione al rispetto di un animale.