L’Associazione italiana difesa animali e ambiente (Aidaa) teme il peggio per questa estate prevedendo un aumento significativo degli abbandoni. In base alle stime dell’associazione ci sarebbero ben 200 mila cani a rischio abbandono. Un numero che si andrebbe ad aggiungere ai 700 mila cani randagi presenti sul territorio, la maggior parte situati nelle regioni meridionali, in Sicilia e Sardegna.
In una nota, Aidaa ha sottolineato che nei mesi di luglio ed agosto si potrebbe verificare come sempre ogni anno d’estate, un fenomeno di abbandoni di cani di privati che si liberano nel periodo di ferie di animali spesso di razze acquisiti o regalati in occasione di compleanni o festività come il Natale, senza ponderare l’impegno e la responsabilità che comporta nel prendere un animale in casa.
Ovviamente, non si tratta solo di abbandoni plateali, come quelli registrati in questi giorni di esemplari lasciati in autostrada, ma anche di animali che vengono lasciati presso rifugi o canili da persone anche anziane che, a malincuore si devono separare dai loro compagni a 4zampe.
Una tendenza che si ripercuote sulla gestione stessa delle strutture che ospitano gli animali e che nel periodo estivo devono far fronte ad un sovraffollamento, a volte difficile da gestire.
L’Aidaa denuncia che il nuovo problema di quest’anno risiede nel randagismo non solo presente al Sud ma anche in regioni dove in questi ultimi anni si era ridotto come Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta, Veneto e Trentino Alto Adige.
“I segnali sui cani entrati in canile negli ultimi mesi non sono incoraggianti ovviamente ci auguriamo che si tratti solo di una sensazione ma il rischio è dietro l’angolo, la crisi economica certo non aiuta ma la cosa più grave è che quest’anno sono a rischio anche le cosi dette razze di piccola taglia e credo che su questo rischio non ci sia da chiudere gli occhi ma di lavorare tutti assieme sul territorio sia per la prevenzione e per il recupero”, ha dichiarato Lorenzo Croce presidente di AIDAA, ricordando che “il problema del randagismo si risolve con un piano nazionale di sterilizzazione che veda impegnata insieme la veterinaria pubblica, privata e quella militare”.