Dobermann killer dei gatti, è ancora polemica: ora tenuto a catena

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By lotta75

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@Aidaa

Non stentano a diminuire i toni polemici dell’Associazione Italiana Difesa Animali e Ambiente (AIDAA) sul caso di Jordan, il dobermann killer dei gatti, aizzato dal padrone ad uccidere i gatti della sorella, probabilmente a causa di dissapori famigliari.

L’animale era stato posto sotto sequestro dopo una denuncia partita dalla padrona di una quindicina di gatti sterminati da Jordan e dallo stesso proprietario del cane che, il prossimo 4 novembre, dovrà rispondere dell’accusa di stalking nei riguardi della famiglia di sua sorella, alla quale avrebbe appunto ucciso tutti i gatti.

In questi giorni è arrivata la decisione del tribunale del Riesame di Brescia che ha accolto la richiesta dei proprietari del cane, che era stato trasferito in un canile, stabilendo di riconsegnare il cane ai proprietari, in attesa degli sviluppi del processo.

Aidaa aveva espressamente richiesto che l’animale fosse invece affidato ad un’associazione competente per il recupero dell’animale in aperta polemica con Edoardo Stoppa, l’inviato di Striscia la Notizia, sostenitore della causa animalista, che aveva chiesto di far tornare il cane di 8 anni dai suoi proprietari.

Un caso che ha diviso in parte il mondo degli animalisti ma che all’indomani della cosiddetta “scarcerazione” di Jordan, continua nella polemica.

Infatti, Aidaa ha diramato una nota con una serie di fotografie, con le quali denuncia che Jordan tornando dai suoi proprietari è stato messo a catena: “La decisione del Tribunale di Brescia di liberare il dobermann, riaffidandolo al legittimo proprietario a sua volta sotto accusa per omicidio di animali. Il Dobermann uscito dal canile finisce legato alla catena. Ecco le foto esclusive che abbiamo scattato alla cascina del Singor Baselli Luigi che fanno vedere sia la cuccia sia come il cane viene tenuto ora…”, scrive Aidaa, sottolineando di aspettare “adesso il commento degli animalisti che si sono scandalizzati per il cane tenuto in canile”.

Un’accusa molto forte da parte dell’associazione che non intende di certo far abbassare i riflettori sul caso.

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