Con il nuovo anno si tirano le somme di quello passato, facendo i conti con gli orrori perpetrati nei confronti degli animali tra abbandoni, furti, maltrattamenti e uccisioni. L’Associazione italiana difesa ambiente e animali (Aidaa), dopo aver diffuso i dati riguardanti il numero dei cani uccisi a fucilate (clicca qui), svela una ben più triste verità di un fenomeno che spesso non viene evidenziato ma che è molto presente nel nostro territorio.
Secondo quanto rivela l’Aidaa si tratta della barbara quanto crudele tradizione di bruciare vivi i cani e gatti. Molti animali rimangono vittime di un gioco sadico per cui viene appiccato il fuoco agli esemplari che poi sono liberati nei boschi, trasformandoli in una torcia viventi oppure si tratta di uno dei modi con i quali sbarazzarsi di animali che infastidiscono, come emerso in provincia di Cosenza, dove a Rovito sono rinvenuti decine di corpi di cani, per lo più randagi, torturati e bruciati vivi. Un’orrore che si consuma nell’indifferenza delle persone e sopratutto perpetrato da individui che possiamo anche conoscere (clicca qui).
L’Aidaa ha riferito che nel 2015 sono diminuite le segnalazioni relative agli animali bruciati vivi. Secondo i dati raccolti da segnalazioni pervenute direttamente all’Aidaa e quelli raccolti nella rete e sui social, sono stati registrati ben 560 casi di animali bruciati vivi, tra i quali 350 cani e 210 gatti.
In base alla mappa geografica del territorio, questi casi si sono verificati sopratutto nelle regioni del centro sud, tra le quali spiccano la Puglia, la Lucania e la Sardegna dove, sottolinea l’Aidaa vi è l’usanza di dare fuoco ad un animale per bruciare i boschi.
Pochi casi segnalati nelle città dove spiccano sopratutto eventi di cui sono protagonisti minorenni che per gioco se la prendono con i 4zampe, mentre sono stati segnalati 6 casi di cani bruciati in incendi domestici.
Per quanto ci riguarda, è sconcertante immaginare che ci siano individui capaci di tali azioni.